Un intervento di una ventina di minuti, a reti – pubbliche e private – unificate, seguito da 10 milioni di italiani, con un tono discorsivo e familiare: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rivolto al Paese il tradizionale discorso di fine anno, entrando nelle case a poche ore dal brindisi del 31 dicembre. Ambientazione, temi e tono del discorso vengono ora commentati da Francesco Occhetta sulla “Civiltà cattolica” che porta la data del 13 febbraio, con un articolo intitolato: “Il trittico del presidente Mattarella al Paese”. “Ai commentatori – vi si legge – non è sfuggito il nuovo contesto: invece che nello studio con la scrivania alla Palazzina, il presidente è apparso seduto al centro del suo salotto privato, al terzo piano del Quirinale, alla stessa stregua dei presidenti Pertini e Scalfaro”. La scelta dell’ambiente più familiare “ha permesso al presidente di esprimersi con semplicità, in una dimensione colloquiale, inquadrato dalle telecamere nella cornice di alcuni simboli: una grande stella di Natale alla sua destra, un presepe napoletano alle spalle, alcuni libri sulla storia del Quirinale e le due bandiere, d’Italia e dell’Ue, poste alla sinistra dello schermo”. “Enunciati brevi, argomenti chiari, abbozzati in successione, e il tono mite della voce, che esprime uno dei tratti della personalità del Presidente: la tecnica del discorso scelta ha permesso di rappresentare soltanto la realtà sensibile. È sembrato un dipinto, nel quale – secondo Occhetta – il significato dell’insieme è affidato ai colori forti e al contesto. Mattarella ha evitato qualsiasi riferimento a una costruzione ideale della realtà, che invece ha dipinto con gli occhi del cittadino chiamato dalla Costituzione a garantire l’unità nazionale”.

Per il gesuita “il messaggio del presidente è attraversato da un fiume carsico, che lo alimenta”, ossia la piena attuazione della Costituzione. “Mattarella concepisce la democrazia come un bene fragile, un patrimonio da custodire come un cristallo prezioso e delicato: se si rompesse, il passato potrebbe ritornare. Il suo è un appello alla coscienza personale e sociale, da fondare sull’onestà e sulla legalità”. Il discorso di fine anno “va però letto e compreso come la parte finale di un trittico, che include il discorso del 14 dicembre 2015 sulla politica estera, diretto agli ambasciatori, e quello del 21 dicembre 2015 sulla politica interna, rivolto alle alte cariche dello Stato”. Dopo aver ripreso i punti essenziali del “trittico”, Occhetta conclude: “Di cosa ha veramente bisogno la Repubblica, secondo il Presidente Mattarella? Semplicemente, di virtù politica. Senza di essa non potrebbe esserci democrazia, ma soltanto paura, che alimenterebbe forme di governo dispotiche”. E ancora. “Per diventare uomini della polis capaci di prendersi cura della Repubblica, Mattarella propone una riforma non tecnica, ma umana, nella stessa linea di Mounier, autore noto al Presidente. Egli riteneva fondamentali per ogni riforma quattro passaggi esistenziali: uscire da se stessi; comprendere il punto di vista dell’altro; donarsi per vincere la solitudine; rimanere fedeli alla propria scelta ideale originaria”.

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