Santa MartaZenit di Luca Marcolivio

La fede è un rapporto personale con Dio, non qualcosa che si impara sui libri, ed è sempre in grado di trasformare la vittoria in sconfitta. Lo ha detto papa Francesco durante l’omelia di ieri mattina alla Casa Santa Marta.

Nella prima lettura (Sam 4,1-11) di ieri, ha spiegato il Santo Padre, emerge innanzitutto la sconfitta del Popolo di Dio ad opera dei filistei. Vittima di una terribile “strage”, con 30mila israeliti uccisi, il popolo aveva perso “anche la dignità”: ciò era avvenuto, perché “lentamente si era allontanato dal Signore, viveva mondanamente, anche con gli idoli che aveva”.

Le pratiche liturgiche, come il pellegrinaggio al santuario di Silo, erano diventate una pura “abitudine culturale”, da parte di persone che “avevano perso il rapporto filiale con Dio” e non lo adoravano più; erano arrivati ad utilizzare “l’Arca di Dio per vincere la battaglia” ma l’avevano fatto come se fosse una cosa “magica”.

Eppure, ha osservato il Pontefice, “nell’Arca c’era la Legge, la Legge che loro non osservavano e dalla quale si erano allontanati”. Avevano dimenticato “il Dio che li aveva salvati”.

Nella disfatta perdono la vita “i due figli di Eli, “quei sacerdoti delinquenti che sfruttavano la gente nel Santuario di Silo – ha ricordato il Papa -. Un popolo che si allontana da Dio finisce così”. Quel popolo credeva sì in Dio ma era “un Dio un po’ nebbioso, lontano, che non entra nel tuo cuore e tu non obbedisci ai suoi Comandamenti”.

La sconfitta narrata nella prima lettura è riscattata dalla “vittoria” del Vangelo odierno (Mc 1,40-45), in cui si racconta di un lebbroso, ovvero, uno “sconfitto nella vita”, uno “scartato”, che incontra Gesù e lo supplica di guarirlo; gli dice: “Se vuoi, puoi purificarmi”, lo implora di trasformare la sua sconfitta in vittoria.

Di quest’uomo, Gesù “ebbe compassione”, tese la mano verso di lui e gli disse: “Sii purificato!”. Mentre l’episodio della prima lettura è la vicenda di una sconfitta consumatasi in una giornata, nel Vangelo assistiamo a una “vittoria”, per una “battaglia finita in due minuti”. Quel lebbroso “aveva qualcosa che lo spingeva ad andare da Gesù e lanciargli quella sfida. Aveva fede!”.

Avere fede, quindi, significa avere in tasca la “vittoria”, ha ricordato Francesco. Mentre gli “sconfitti” della prima lettura “portavano l’Arca, ma non avevano fede”, nel Vangelo, Gesù ci dimostra come la fede può “spostare una montagna da una parte all’altra”; e ci dice: “Qualunque cosa che chiedete al Padre nel mio nome, vi sarà data. Chiedete e vi sarà dato; bussate e vi sarà aperto”.

La fede, dunque, è qualcosa che “non si impara sui libri” ma è un “dono” e una “grazia”. Chiunque dica: “Signore, aiuta la mia poca fede”, sarà guarito.

In conclusione, papa Francesco ha rivolto la seguente preghiera: “Chiediamo al Signore la grazia di pregare con fede, di essere sicuri che ogni cosa che chiediamo a Lui ci sarà data, con quella sicurezza che ci dà la fede. E questa è la nostra vittoria: la nostra fede!”.

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