EpifaniaZenit di Salvatore Cernuzio

“Uscire” – dalle nostre chiusure, da noi stessi – e riconoscere “lo splendore della luce che illumina la nostra esistenza”. Come a Greccio, anche oggi nella Messa per la Solennità dell’Epifania, nella Basilica Vaticana, Papa Francesco rinnova l’invito a tutta la Chiesa a non farsi ingannare dagli abbagli del mondo ma, sull’esempio dei Re Magi, seguire l’unica e vera luce: quella del volto di Cristo.

“La Chiesa non può illudersi di brillare di luce propria”, sottolinea infatti il Pontefice. E, ricalcando le parole del profeta Isaia, esorta: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”.  “Cristo è la vera luce che rischiara”, aggiunge Bergoglio, “e nella misura in cui la Chiesa rimane ancorata a Lui, nella misura in cui si lascia illuminare da Lui, riesce a illuminare la vita delle persone e dei popoli”.

È quel mysterium lunae che i Padri riconoscevano nella Chiesa, traendo spunto dalla “bella espressione” di Sant’Ambrogio che utilizzava la luna come metafora della Chiesa: «Veramente come la luna è la Chiesa: rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».

“Abbiamo bisogno di questa luce che viene dall’alto per corrispondere in maniera coerente alla vocazione che abbiamo ricevuto”. Che altro non è che “annunciare il Vangelo di Cristo”: essa – precisa il Papa – “non è una scelta tra le tante che possiamo fare”, e neppure “una professione”.  Tantomeno per la Chiesa essere missionaria significa “fare proselitismo”; per la Chiesa, essere missionaria “equivale ad esprimere la sua stessa natura: essere illuminata da Dio e riflettere la sua luce”.

Non c’è un’altra strada: “La missione è la sua vocazione”, sottolinea il Papa, ricordando che tante ma tante persone attendono oggi questo impegno missionario. “Hanno bisogno di Cristo, hanno bisogno di conoscere il volto del Padre”. Hanno, cioè, quel desiderio che spinse i Magi a partire e mettersi in cammino.

I tre Re d’Oriente – afferma il Papa – “sono testimonianza vivente del fatto che i semi di verità sono presenti ovunque”; essi rappresentano “gli uomini di ogni parte della terra che vengono accolti nella casa di Dio”.  Davanti a Gesù, annota infatti il Santo Padre, “non esiste più divisione alcuna di razza, di lingua e di cultura: in quel Bambino, tutta l’umanità trova la sua unità”. E “la Chiesa ha il compito di riconoscere e far emergere in modo più chiaro il desiderio di Dio che ognuno porta in sé”.

Non sono pochi, in effetti, quelli che ancora ai nostri giorni “vivono con il ‘cuore inquieto’ che continua a domandare senza trovare risposte certe. Sono anche loro alla ricerca della stella che indica la strada verso Betlemme”. “Quante stelle ci sono nel cielo!”, esclama Papa Francesco, “eppure, i Magi ne hanno seguita una diversa, nuova, che per loro brillava molto di più. Avevano scrutato a lungo il grande libro del cielo per trovare una risposta ai loro interrogativi, e finalmente la luce era apparsa”.

“Quella stella li cambiò. Fece loro dimenticare gli interessi quotidiani, e si misero subito in cammino. Diedero ascolto ad una voce che nell’intimo li spingeva a seguire quella luce; ed essa li guidò finché trovarono il re dei Giudei in una povera casa di Betlemme”. Proprio nella semplicità di Betlemme, “trova sintesi la vita della Chiesa”: “È qui – afferma Papa Francesco – la sorgente di quella luce, che attrae a sé ogni persona e orienta il cammino dei popoli sulla via della pace”.

Tutto questo è un chiaro insegnamento per noi uomini e donne moderni – evidenzia il Santo Padre – e, soprattutto in questo periodo, ci sollecita “a porci in ricerca dei segni che Dio offre, sapendo che richiedono il nostro impegno per decifrarli e comprendere così la sua volontà”.

“Seguiamo la luce che Dio ci offre!”, è dunque l’invito del Papa. E, una volta giunti davanti al volto di Cristo, “pieno di misericordia e di fedeltà”, “adoriamolo con tutto il cuore, e presentiamogli i nostri doni: la nostra libertà, la nostra intelligenza, il nostro amore”. Riconoscendo “che la vera sapienza si nasconde nel volto di questo Bambino”.

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