PapaDi M. M. Nicolais

A pochi giorni dal Vertice di Parigi sul clima, il Papa nel suo secondo giorno in Kenya dice che sarebbe “catastrofico” un fallimento. Tre gli obiettivi da realizzare: “la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana”. Messa a Nairobi davanti a una folla di 1.500.000 di persone. “Troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti nel nome della religione”, denuncia nell’incontro interreligioso. Poi avverte: i “traffici illeciti” possono distruggere la bellezza dell’Africa e alimentare il terrorismo

Mancano solo due giorni a Cop21, il Vertice sul clima di Parigi che vedrà radunati nella città tragicamente colpita dagli attentati terroristici ben 147 capi di Stato, con ingenti misure di sicurezza. Nell’atteso discorso – il  più ampio, lungo e articolato del viaggio – al “quartier generale” dell’Onu di Nairobi, dove trovano posto due programmi mondiali che hanno sede in Africa, quello sull’ambiente e quello sull’habitat, Papa Francesco non delude le attese: cita a più riprese la Laudato si’ e il già storico discorso del 25 settembre nella sede dell’Onu a New York per un ammonimento ai “grandi della Terra” che suona come un imperativo:

“Sarebbe triste, e oserei dire, perfino catastrofico che gli interessi dei privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti”.

L’auspicio di Francesco è che Cop21 “porti a concludere un accordo globale e trasformatore, basato sui principi di solidarietà, giustizia, equità e partecipazione, e orienti al raggiungimento di tre obiettivi, complessi e al tempo stesso interdipendenti: la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana”.

Ci vuole “un cambio di rotta”, “un nuovo stile culturale”, la ricetta del Papa. “Una cultura della cura: cura di sé, cura degli altri, cura dell’ambiente, al posto della cultura del degrado e dello scarto: scarto di sé, degli  altri, dell’ambiente”.

Il secondo del giorno della tappa del Papa in Kenya era cominciato con l’incontro interreligioso ed ecumenico di Nairobi: “il dialogo non è un lusso”, le parole di Francesco.

“Il Dio che noi cerchiamo di servire è un Dio di pace”,

ripete il Papa che fin dall’inizio del suo viaggio in Africa ha fatto di questo tema un cardine: mai usare il nome di Dio “per giustificare l’odio e la violenza”. Come è accaduto nei “barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera”, ricorda Francesco facendo riferimento ad uno dei fatti più tragici che ha di recente vissuto il Kenya: “Troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e per lacerare il tessuto stesso delle nostre società”, il grido d’allarme . Nuovo appello ai giovani – formate “una società più giusta e inclusiva” – di fronte ad una folla sterminata di un milione e mezzo di persone, disposte a seguire la Messa con i piedi nel fango (la pioggia ha bagnato oggi questo lembo di terra africana) pur di esserci alla prima volta di  Francesco nel loro continente. “La salute di qualsiasi società dipende sempre dalla famiglia”, esordisce il Papa, le famiglie sono l’antidoto ai “nuovi deserti” creati da materialismo e indifferenza.

Nella parte finale del suo discorso in spagnolo, Francesco mette in guardia dai “traffici illeciti che crescono in un contesto di povertà e che, a loro volta, alimentano la povertà e l’esclusione”. E li enumera: “Il commercio illegale di diamanti e pietre preziose, di metalli rari o di alto valore strategico, di legname e materiale biologico, e di prodotti di origine animale, come il caso del traffico di avorio e il conseguente sterminio di elefanti”. Tutto questo, “alimenta l’instabilità politica, la criminalità organizzata e il terrorismo”.

Prima di pronunciare il discorso all’Unon e di piantare un albero nel parco del Centro delle Nazioni Unite, l’incontro con il clero, i religiosi, le religiose e i seminaristi nel campo sportivo della St. Mary’s School di Nairobi.  Il Papa mette da parte il testo scritto e parla per circa 20 minuti, a braccio, nella sua lingua natia.  “Quelli che Gesù chiama devono entrare per la porta, non dalla finestra”: guai a seguire Gesù “per la propria ambizione, per le ricchezze, per essere importanti nel mondo”. “La Chiesa non è un’azienda, non è una ong”: “Siamo tutti peccatori, io per primo”. “Non smettere mai di piangere” e di pregare, la consegna del Papa: “Si segue Gesù per servire gli altri, non per servirsi degli altri”.

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