GerusalemmeDi Daniele Rocchi

La bandiera francese sventola a mezz’asta nel santuario del Padre Nostro, situato sul monte degli Ulivi, a Gerusalemme. La preghiera che qui Gesù insegnò agli Apostoli campeggia sui muri in oltre 150 lingue. Sono giorni tristi per questa piccola propaggine di terra francese nella Città Santa. Il santuario, infatti, appartiene all’organizzazione francese “Oeuvre d’Orient”, consacrata interamente all’aiuto dei cristiani di Oriente e che fa capo direttamente all’arcivescovo di Parigi. I pellegrini entrano in silenzio, in ordine e per recarsi nella grotta. La preghiera del Padre Nostro risuona in italiano, in inglese, in malabarico, in rumeno, in spagnolo, in coreano, in nigeriano, in russo, tanti idiomi ma con un’unica intenzione, le vittime, i feriti e i familiari dell’attentato terroristico di Parigi.

Una preghiera lunga, incessante, a tratti silenziosa. “È terribile ciò che è accaduto – dice Thomas  K., un giovane coreano in pellegrinaggio con un gruppo proveniente da Seoul – davanti a tanta violenza si resta senza parole e viene da chiedersi perché. Colpa della politica, della religione, difficile dirlo. Non riesco a dare spiegazioni, ma solo a pregare per le vittime di questa strage”. Poco lontano diversi pellegrini da San Salvador, radunatisi sotto la scritta in spagnolo del Padre Nostro, pregano insieme. Con la stessa intenzione. Lo stesso fanno altri gruppi nella vicina basilica del Getsemani. Tra loro anche indiani dal Kerala guidati da padre Sleeba Kattuman Gattu: “stiamo concludendo il nostro pellegrinaggio in Terra Santa. Avevamo un po’ di paura a partire dopo le tante notizie di tensioni tra palestinesi e israeliani che hanno provocato molte vittime. Tuttavia abbiamo deciso di partire perché oggi non siamo sicuri in nessun luogo. E lo abbiamo visto anche a Parigi. Da venerdì, giorno dell’attentato, le nostre preghiere vanno anche alle vittime francesi, ai loro cari. Preghiamo per la pace. Siamo convinti che con le armi non si vada da nessuna parte. Solo il dialogo può salvare l’umanità. Non esiste un solo problema che non si risolva con il dialogo e l’ascolto”. Dello stesso avviso Arno K, di Oslo. È in pellegrinaggio in Terra Santa con un gruppo di amici. “Siamo scioccati per quanto accaduto a Parigi. Preghiamo per la Francia”. Se abbiamo paura adesso?

“Non abbiamo paura. Ma è necessario trovare soluzioni politiche a quanto sta accadendo. L’opzione militare non può essere l’unica.

Le grandi potenze, come Usa, Ue, Russia e Paesi Arabi devono trovare risposte concrete, in particolare per i milioni di sfollati e di rifugiati che le guerre stanno provocando. Anche loro sono vittime del terrorismo”.

Una sola preghiera. Risalendo a piedi verso la città vecchia di Gerusalemme, si superano code di bus turistici parcheggiati lungo a strada. Attendono il ritorno dei pellegrini molti dei quali visitano il Muro Occidentale, o Muro del Pianto. Venerato come l’ultima traccia del secondo Tempio, è il sito più sacro dell’Ebraismo. A osservare gli ebrei in preghiera alcuni fedeli francesi. “Siamo di Bordeaux – dice Françoise M. – e siamo in pellegrinaggio. La notizia dell’attentato a Parigi ci ha raggiunto qui in Terra Santa. L’emozione e lo shock ci stava spingendo a interrompere il viaggio ma poi abbiamo deciso di restare. Se stiamo ancora a Gerusalemme è per pregare per tutte le vittime di questa assurda mattanza”. “Da dopo l’attentato – aggiunge Pauline C. – stiamo ricevendo tantissima solidarietà.

Ebrei, musulmani, cristiani, pellegrini di ogni nazionalità, quando sanno che siamo francesi si avvicinano e ci incoraggiano, esprimono affetto e preghiera.

Per noi è molto importante avere il sostegno di tante persone”. Accade così che nella Città santa divisa fra due popoli ci si ritrovi uniti contro la barbarie e il terrorismo. C’è anche chi spera che quanto accaduto possa risvegliare le “coscienze sopite di tanti” dice senza giri di parole padre Sal Di Fazio, parroco della chiesa cattolica di san Paolo, a Jacksonville (Florida, Usa). “L’Europa e l’America hanno smarrito i loro valori cristiani e la loro identità e ora faticano a rispondere ai violenti fondamentalismi. Le risposte non possono essere solo le bombe, serve altro. Da parte nostra – aggiunge il sacerdote, raccogliendo il consenso dei suoi parrocchiani – non possiamo fare altro che pregare per tutte le vittime, non solo di Parigi ma anche di Beirut, dell’aereo russo e di ogni Paese colpito da questa barbarie”. Rientrando verso casa, tra i vicoli stretti della Città Vecchia, ecco i primi italiani. Sono una quarantina, appartengono all’Oftal, l’Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes, che accompagna malati, disabili e pellegrini a Lourdes e in Terrasanta. Spingono le carrozzine a ridosso della Spianata delle Moschee. “Davanti a fatti del genere – dicono in coro – non ci sono parole. Non possiamo fare altro che pregare e condividere la nostra sofferenza con quella delle vittime e delle loro famiglie”. Si allontanano velocemente quando sentono cadere alcune gocce di pioggia. Oggi da Gerusalemme, luogo conteso, sale una sola preghiera.

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