Una metodologia innovativa, che ha permesso a tutti di parlare confrontandosi in scioltezza e franchezza. Anche quando hanno preso la parola i vescovi, senza però mai monopolizzare il dibattito o intimidire chi voleva intervenire. È un coro di approvazione unanime, quello che da Firenze si leva a favore dei “tavoli” attorno a cui alla Fortezza da Basso si sono articolati i gruppi di studio del Convegno di Firenze, favoriti dalla presenza dei moderatori. Ne abbiamo ascoltati alcuni, uno per ogni “via” della Traccia – uscire, annunciare, educare, abitare, trasfigurare – in attesa delle conclusioni di domani.

“Concretezza, attorno a un tavolo, significa sentire che la Chiesa è plurale”.

Francesca Simeoni, già presidente nazionale della Fuci, sintetizza così il clima del suo gruppo sull’“annunciare”. “Il desiderio più forte – ci racconta – è quello di fare sintesi  con la vita: annunciare è una via delicata, su cui la Chiesa a volte fa un po’ fatica. Parte dal trasfigurare, cioè dall’aver incontrato Cristo, e si sviluppa attraverso la volontà di fare presa nei contesti concreti in cui si dipana la vita quotidiana”. “Cambiamento” e “decentramento”, le altre parole d’ordine per “andare al di là del proprio campanile”, attraverso un esercizio di ascolto che chiede “un maggior radicamento nella Parola di Dio, una formazione seria e una comunità fatta di relazioni umane autentiche”. “Una comunità accogliente è il primo annuncio”, dice Francesca con convinzione: “La Parola di Dio deve fare annuncio non dell’umano, ma nell’umano, nella concretezza dei bisogni e dei desideri degli uomini e delle donne”. Di qui la necessità di “rivedere tutto il sistema formativo della Chiesa, a partire dall’iniziazione cristiana, dalla catechesi e dalla formazione dei seminari”.

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