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Il Papa: “Perdonarsi in famiglia aiuta la società ad essere meno crudele”

PapaZenit di Salvatore Cernuzio

Scusa” è la parola chiave della catechesi del Papa nell’Udienza generale di oggi. Ma non è il perdono per gli scandali a Roma e in Vaticano, come lo scorso 14 ottobre (nonostante di scandali se ne siano verificati in abbondanza in questi giorni), bensì le scuse che ogni padre, madre, fratello e sorella, e anche nuora e suocera, devono domandarsi l’uno con l’altro per mantenere vivo quell’amore che anima ogni famiglia. E, anche, per salvare le famiglie dalla divisione, rendendole capaci di aiutare la società ad essere “meno crudele”.

La famiglia “è una grande palestra di allenamento al dono e al perdono reciproco, senza il quale nessun amore può durare a lungo”, afferma infatti il Pontefice. E questo cammino prosegue ogni giorno, anche se il Sinodo è finito e ha dato le sue conclusioni “sulle quali devo io stesso meditare”. La vita delle famiglie va avanti, esse sono “sempre in cammino”, sempre impegnate a scrivere “nelle pagine della vita concreta la bellezza del Vangelo della famiglia”. “In un mondo che a volte diventa arido di vita e di amore, voi ogni giorno parlate del grande dono che sono il matrimonio e la famiglia”, sottolinea il Santo Padre.

Dono e perdono, appunto; lo stesso che Cristo ci ha insegnato a chiedere nel Padre Nostro, che è colonna portante per la vita familiare. “Non si può vivere senza perdonarsi, o almeno non si può vivere bene, specialmente in famiglia”, afferma infatti Bergoglio. È vero “ogni giorno ci facciamo dei torti l’uno con l’altro” e dobbiamo mettere in conto questi e tanti altri sbagli “dovuti alla nostra fragilità e al nostro egoismo”. Quello che però ci viene chiesto è “di guarire subito le ferite che ci facciamo, di ritessere immediatamente i fili che rompiamo”. Perché “se aspettiamo troppo, tutto diventa più difficile”.

C’è “un segreto semplice” per guarire le ferite e sciogliere le accuse, dice il Papa, ripetendo uno dei cavalli di battaglia delle sue catechesi sulla famiglia: “Non lasciar finire la giornata senza chiedersi scusa, senza fare la pace tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle… tra nuora e suocera!”. “Se impariamo a chiederci subito scusa – aggiunge – e a donarci il reciproco perdono, guariscono le ferite, il matrimonio si irrobustisce, e la famiglia diventa una casa sempre più solida, che resiste alle scosse delle nostre piccole e grandi cattiverie”. E per questo – sottolinea a braccio – “non è necessario farsi un grande discorso, ma è sufficiente una carezza. Una carezza, ed è finito tutto e si rincomincia. Ma non finire la giornata in guerra! Capito?”.

Imparando a vivere così in famiglia, lo si impara a fare anche fuori, “dovunque ci troviamo”, spiega il Santo Padre. Per questo è “indispensabile” che, “in una società a volte spietata, vi siano luoghi, come la famiglia, dove imparare a perdonarsi gli uni gli altri”. Perché “la pratica del perdono non solo salva le famiglie dalla divisione, ma le rende capaci di aiutare la società ad essere meno cattiva e meno crudele. Sì, ogni gesto di perdono ripara la casa dalle crepe e rinsalda le sue mura”, afferma il Pontefice.

E in questa opera di costruzione di una casa sulla roccia – assicura – “la Chiesa, care famiglie, vi sta sempre accanto”. “Se sarete capaci di camminare sempre più decisamente sulla via delle Beatitudini, imparando e insegnando a perdonarvi reciprocamente, in tutta la grande famiglia della Chiesa crescerà la capacità di rendere testimonianza alla forza rinnovatrice del perdono di Dio”. Diversamente, “faremo prediche anche bellissime, e magari scacceremo anche qualche diavolo, ma alla fine il Signore non ci riconoscerà come suoi discepoli!”.

Ribadendo quindi che “le famiglie cristiane possono fare molto per la società di oggi, e anche per la Chiesa”, Papa Francesco esprime il desiderio che nel Giubileo della Misericordia esse riscoprano “il tesoro del perdono reciproco”. Invita quindi a pregare perché le famiglie “siano sempre più capaci di vivere e di costruire strade concrete di riconciliazione, dove nessuno si senta abbandonato al peso dei suoi debiti”.