Papa GiovanniZenit, di Alessandro Notarnicola

Sono trascorsi 50 anni dalla pubblicazione della Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate, pubblicata il 28 ottobre del 1965, sui rapporti della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane. Per commemorare questo evento stamattina, in Piazza San Pietro, si è tenuta una straordinaria Udienza generale interreligiosa presieduta da Papa Francesco e a cui hanno preso parte i rappresentanti delle diverse religioni.

Certamente, non si può escludere che questo evento speciale sia volto a unire maggiormente i fedeli delle diverse religioni anche in vista dell’apertura del prossimo Anno Santo, perché come ha riflettuto Papa Francesco nella sua omelia, “la misericordia abbraccia tutto il Creato”.

Subito dopo aver compiuto il consuetudinario giro tra i fedeli raccolti nella Piazza sin dalle primissime ore del mattino, malgrado la pioggia e il cattivo tempo, Papa Francesco ha quindi salutato, fra gli altri, i cardinali Kurt Koch e Jean-Louis Tauran, presenti all’udienza, i quali hanno preso per primi la parola introducendo l’intervento del Santo Padre e commentando la grande ed esemplare opera di Papa Giovanni XXIII.

Il lungimirante Roncalli, infatti, a seguito delle sue esperienze personali vissute come vicario apostolico e delegato in Turchia, e durante la Seconda Guerra mondiale e l’Olocausto, volle creare – nella storica cornice del Concilio Ecumenico Vaticano II – un documento che unisse tutte le religioni in una sola comunità e che correggesse i torti commessi dalla cristianità attraverso i secoli nei riguardi delle religioni non cristiane per dar vita a una “nuova famiglia umana aperta al dialogo e alla collaborazione per una comune crescita umana”.

Con la promulgazione della Nostra aetate – ha spiegato nel suo intervento il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontifico Consiglio per il dialogo interreligioso – la Chiesa, ponendosi in ascolto di un mondo in rapido cambiamento, ha cominciato in modo deciso a invitare i suoi membri a promuovere relazioni di rispetto, amicizia e dialogo con persone di altre religioni.

“Del cammino verso quel monte, che talora è stato una salita faticosa, ma sempre esaltante, in questi primi 50 anni, noi, radunati tutti qui oggi con Lei, Santo Padre Francesco, siamo testimoni, eredi e protagonisti”, ha detto il porporato francese ringraziando il Pontefice per la sua costante opera di incoraggiamento a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso, e andando incontro agli altri credenti con una chiara consapevolezza della identità cristiana.

Del resto, mantenendo uno spirito di grande rispetto, stima e amicizia, il magistero di Francesco si pone in una posizione di netta continuità con il messaggio della Dichiarazione Conciliare voluta da Papa Giovanni XXIII: essa, edificando le basi per una cultura del dialogo e dell’incontro, contiene il seme di una nuova consapevolezza e rispetto per “la comunità di tutti i popoli» e le grandi religioni del mondo che «spesso riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”.

Su questo particolare punto del documento si è concentrato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontifico Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che a nome dei rappresentanti della comunità ebraica e della delegazione del World Jewish Congress, ha portato il suo saluto al Papa, definendo la Nostra Aetate nei termini di una Magna Charta di una fruttuosa relazione tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico.

Inoltre, il cardinale nel 50º di questa Dichiarazione, ha desiderato ricordare con gratitudine tutti i Pontefici che dopo il Concilio hanno confermato ed approfondito le prospettive incoraggianti che si fondano nella Nostra aetate: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI  e oggi Papa Francesco sono tra i Papi che hanno maggiormente recuperato e rafforzato il rapporto con l’ebraismo.

Si pensi alla visita di Woityla alla Sinagoga romana del 13 aprile 1986, e alle sue parole: “Sì, ancora una volta, per mezzo mio, la Chiesa, con le parole del ben noto decreto Nostra Aetate (n. 4), “deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei ogni tempo da chiunque”. “Ripeto: ‘da chiunque'”, disse il Papa polacco facendo spazio al riconoscimento sempre più pieno di quel “vincolo” e di quel “comune patrimonio spirituale” che esistono tra ebrei e cristiani.

Santo Padre – ha sottolineato Koch – lei ha di volta in volta ribadito il Suo grande apprezzamento per il popolo ebraico; in particolare, lo ha espresso durante la Sua visita in Terra Santa con la sua preghiera al Muro del Pianto e la sua toccante riflessione presso il Memoriale di Yad Vashem”.

“Ai giorni nostri – ha proseguito il cardinale – in un momento in cui risorgono purtroppo nuove ondate di antisemitismo, lei, Santo Padre, ricorda incessantemente a noi cristiani che è impossibile essere al contempo un cristiano ed un antisemita. Per questo suo inequivocabile messaggio e per la benevolenza che Ella ha sempre mostrato verso i nostri fratelli e le nostre sorelle ebraici – ha concluso – la ringrazio di cuore, anche a nome dei rappresentanti ebraici qui presenti e di tutta la comunità ebraica, e chiedo su di noi la sua beracha.Shalom!».

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