ideaAndrea Casavecchia

Nel mondo della produzione per i giovani italiani non ci sono solo precariato e sommerso, disorientamento ed emigrazione. Molti under 35 non si arrendono e per inserirsi nel lavoro scelgono di avviare imprese. In un periodo arido di domanda una nuova generazione si rimbocca le maniche e inizia a imboccare strade nuove.
Da una ricerca del Censis su “La vita dei Millennials”, cioè quelli nati a cavallo del cambio di millennio, si evince che i giovani provano a rischiare in proprio: tra aprile e giugno 2015 sono state avviate circa 32mila imprese e più dei due terzi è rimasta attiva. Il totale delle imprese giovanili ha superato le 594mila unità, quasi il 10% delle imprese italiane.
La tendenza è trasversale a tutta la Penisola, sono poche le differenze tra Nord e Sud. I giovani in Italia prendono l’iniziativa anche nei territori più ostici e più colpiti dalla crisi, dato che il 40,6% delle nuove imprese nel Mezzogiorno è giovanile.
La propensione al rischio dei giovani italiani è più alta rispetto ai coetanei degli altri Paesi dell’Unione europea: osserva il Censis che tra i lavoratori autonomi se ne contano quasi un 1 milione nel nostro Paese, contro 849mila inglesi e 528mila tedeschi. Certo, molto spesso quei giovani avviano micro imprese individuali, che a volte faticano a sopravvivere, ma rimangono un segnale di vitalità e di reazione che vuole rispondere alla paralisi di quei giovani, che sono nel limbo dell’inattività senza studiare né cercare occupazione, e alla sfortuna di quegli altri imprigionati in lavoretti insicuri e di breve durata.
La dinamicità dei giovani si segnala anche per la loro presenza nelle start up innovative che contribuiscono a introdurre cambiamenti nel mondo della produzione, in particolare c’è una buona presenza nel campo dei servizi alle imprese: produzione di software, consulenze, attività di ricerca e sviluppo o d’informazione.
Come si legge nel rapporto: “Si può dire che è in prevalenza giovane l’innovatore che gioca la partita dell’intrapresa, che è perno di processi di rigenerazione economica nei territori e che è in grado di far agganciare il locale alle reti lunghe globali, anche grazie alle nuove tecnologie”. Questa lettura ottimistica che tende a valorizzare il ruolo e la ricchezza dell’inserimento dei giovani all’interno del mondo produttivo andrebbe sostenuta da una visione prospettica che dovrebbe costruire politiche di orientamento al lavoro, per facilitare l’individuazione dei campi di azione per le nuove iniziative, e interventi per il consolidamento delle reti territoriali così da favorire l’inserimento delle nuove e giovani imprese dentro il tessuto delle comunità.

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