candpdi Emanuela Vinai

Cosa succede in un Paese a seguito della legalizzazione della marijuana? Se lo sono chiesti negli Stati Uniti a un anno dall’approvazione della legge che ha introdotto il 1 gennaio 2014 la libera circolazione – retail – della cannabis in Colorado. I risultati di questo monitoraggio sono stati presentati dal dottor Russell Bowler del “National Jewish Health” (Universita’ del Colorado) durante l’annuale congresso della Societa’ Europea di medicina respiratoria (Ers) in corso ad Amsterdam.
Negli Usa la marijuana è illegale per la legge federale, ma, per l’autonomia di giurisdizione, è legale in ben 25 Stati, per lo più per utilizzo terapeutico sotto controllo medico. In Colorado però, da un anno e mezzo a questa parte, le cose vanno un po’ diversamente: la marijuana è liberamente commerciabile come un qualunque altro bene di consumo, acquistabile a partire dai 21 anni di età. Tra le ragioni di questa scelta, secondo il Dipartimento della Salute, il fatto che sebbene la marijuana per uso medico fosse legale sin dal 2000, era largamente invalsa la consuetudine tale per cui le decisioni relative all’assunzione della stessa si erano trasformate in una sorta di contrattazione privata tra medico e paziente al di fuori degli scopi della sanità pubblica. Nelle dichiarazioni delle motivazioni mediche di utilizzo, il 93% dei casi segnalavano un generico “forte dolore”, nel 18% “spasmi muscolari”, per un 11% “forte nausea” e, infine, il 3,6% “cancro”. Come però ci si è rapidamente resi conto, con la nuova normativa si è improvvisamente creata una grande disponibilità della stessa tra la popolazione (anche al di sotto del 21 anni legali) con impatti non prevedibili. Di fatto, la marijuana in libera circolazione ha rappresentato un cambio di paradigma negli studi sanitari, stante la sua unificazione ad altre sostanze “legali” quali l’alcol, il tabacco, e i farmaci prescrivibili, al di fuori dal gruppo delle droghe illecite come cocaina ed eroina.
Nonostante in questo ultimo anno il Colorado abbia investito 9 milioni di dollari in programmi di ricerca sulla marijuana, per Bowler è presto per trarre conclusioni, ma l’inizio non pare incoraggiante. Secondo gli studi effettuati, la marijuana è utilizzata principalmente nelle grandi città e il consumatore-tipo è maschio, di orientamento Lgbt, basso reddito e bassa scolarizzazione. Nella fascia di età tra 18/24 anni (compresi quindi anche coloro che non potrebbero legalmente accedere alla cannabis libera) il consumo è 10 volte maggiore rispetto agli individui adulti. Il 33,2% dei ragazzi intervistati ne ha ammesso l’uso quotidiano, e, di questi, il 18% ha confermato di essersi messo alla guida dopo l’assunzione. Ma il problema si estende anche a fasce di popolazione insospettabili. Il 76% dei genitori di bambini tra 1 e 14 anni di età ha ammesso di avere marijuana per casa, ma il 71% non ritiene sia un pericolo perché la tiene sì in casa, ma sottochiave. A quanto pare, però, questa misura precauzionale non è sufficiente. Siccome l’uso “ricreativo” della marijuana prevede svariate forme e modalità di utilizzo, come per esempio la commercializzazione di diversi cibi, in particolare dolci, la diffusione di questi particolarissimi biscotti e orsetti gommosi ha ingenerato un aumento del 26% dei casi di intossicazione infantile e dei ricoveri al pronto soccorso. Il solo Children’s Hospital Colorado nel 2014 ha trattato 16 casi di ingestione di marijuana in bambini sotto i 12 anni a fronte dei 2 del 2009. La soluzione a questo problema? Una legge che ha reso obbligatorio l’impiego di plastiche più resistenti per evitare che siano troppo facili da aprire. Quanto questo possa essere dissuasivo resta di difficile comprensione.
Non solo, la vendita libera attrae moltissimi acquirenti dagli Stati confinanti che fanno incetta di materia prima per riportarla a casa propria, dimenticando che una volta ripassato il confine si rischiano pesantissime sanzioni per detenzione illegale di droga. Un andiriviendi che ha costretto gli Stati adiacenti, già alle prese con complessi equilibrismi di bilancio, a un necessario aumento delle spese relative alla sicurezza e alle forze di polizia.

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