Piazza San PietroDi Zenit, Salvatore Cernuzio

È “indispensabile”, anzi “urgente”, rafforzare oggi il legame tra famiglia e comunità cristiana, affinché si formi “una Chiesa davvero secondo il Vangelo”. Ovvero una Chiesa che abbia “la forma di una casa accogliente, con le porte aperte, sempre”, perché le chiese e le parrocchie con le porte chiuse non possono nemmeno definirsi tali, bensì “musei”. Si snoda a partire da questa riflessione la catechesi di Francesco nell’Udienza generale di questo mercoledì: un altro tassello del grande mosaico sulla famiglia che il Pontefice costruisce da mesi e che proseguirà fino al Sinodo del prossimo ottobre.

Quello tra famiglia e comunità cristiana “è un legame, per così dire, ‘naturale’”, afferma il Santo Padre, “perché la Chiesa è una famiglia spirituale e la famiglia è una piccola Chiesa”. Una Chiesa che “cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne, dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie”. Proprio “questa è la storia che conta per il Signore”, spiega il Papa. “I grandi eventi delle potenze mondane si scrivono nei libri di storia, e lì rimangono. Ma la storia degli affetti umani si scrive direttamente nel cuore di Dio; ed è la storia che rimane in eterno”.

La famiglia si conferma dunque uno scrigno prezioso di vita e di fede: essa è “luogo della nostra iniziazione – insostituibile, indelebile – a questa storia”, dice Francesco. “Questa storia di vita piena – aggiunge a braccio – che finirà nella contemplazione di Dio per tutta l’eternità nel Cielo, ma incomincia nella famiglia! Per questo è tanto importante la famiglia…”.

La vita di Cristo racconta tutto ciò: “Il Figlio di Dio – rammenta Bergoglio – imparò la storia umana per questa via, e la percorse fino in fondo”. Egli “nacque in una famiglia” e visse per 30 anni in “una bottega, quattro case, un paesino da niente”. Lì tuttavia “imparò il mondo”. Poi, quando lasciò Nazareth e incominciò la vita pubblica, “formò intorno a sé una comunità, una ‘assemblea’, cioè una con-vocazione di persone”. Formò cioè una “chiesa”, che, come narrano i Vangeli, aveva “la forma di una famiglia”: “una famiglia ospitale”, però, “non una setta esclusiva, chiusa”. In essa vi troviamo Pietro e Giovanni, ma anche l’affamato e l’assetato, lo straniero e il perseguitato, la peccatrice e il pubblicano, i farisei e le folle, perché “Gesù non cessa di accogliere e di parlare con tutti, anche con chi non si aspetta più di incontrare Dio nella sua vita”. E “i discepoli stessi sono scelti per prendersi cura di questa assemblea, di questa famiglia degli ospiti di Dio”.

Una “lezione forte per la Chiesa”, questa, osserva il Pontefice. E ribadisce che per rendere viva oggi tale realtà, è indispensabile “ravvivare l’alleanza tra la famiglia e la comunità cristiana”, “i due luoghi in cui si realizza quella comunione d’amore che trova la sua fonte ultima in Dio stesso”. Infatti, “una Chiesa davvero secondo il Vangelo non può che avere la forma di una casa accogliente, con le porte aperte, sempre. Le chiese, le parrocchie, le istituzioni, con le porte chiuse non si devono chiamare chiese, si devono chiamare musei!”, evidenzia il Papa.

Tale alleanza, inoltre, è necessaria per contrastare quei “centri di potere economici, ideologici e politici” in cui spesso riponiamo le nostre speranze, che invece dovrebbero essere riposte “in questi centri dell’amore, evangelizzatori, ricchi di calore umano, basati sulla  solidarietà e l’evangelizzazione”, e “anche sul perdono tra noi”, afferma il Papa. Per rinnovare il legame famiglia-comunità – aggiunge – bisogna quindi partire da “una fede generosa” in modo da ritrovare “l’intelligenza e il coraggio”. A volte, infatti, “le famiglie si tirano indietro, dicendo di non essere all’altezza: ‘Padre, siamo una povera famiglia e anche un po’ sgangherata’, ‘Non ne siamo capaci’, ‘Abbiamo già tanti problemi in casa’, ‘Non abbiamo le forze’”. Sì, questo è vero, ammette Francesco. Ma è pur vero che “nessuno è degno, nessuno è all’altezza, nessuno ha le forze! Senza la grazia di Dio, non potremmo fare nulla. Tutto ci viene dato, gratuitamente dato!”. E il Signore – come dimostra il miracolo alle nozze di Cana – “non arriva mai in una nuova famiglia senza fare qualche miracolo”. “Se ci mettiamo nelle sue mani”, Lui “ci fa compiere miracoli – ma quei miracoli di tutti i giorni! – quando c’è il Signore, lì, in quella famiglia”, assicura il Pontefice.

Anche la comunità cristiana, naturalmente, è chiamata a “fare la sua parte”. Ad esempio, cercando di “superare atteggiamenti troppo direttivi e troppo funzionali” e “favorire il dialogo interpersonale e la conoscenza e la stima reciproca”. Tutti, in fin dei conti, “dobbiamo essere consapevoli che la fede cristiana si gioca sul campo aperto della vita condivisa con tutti, la famiglia e la parrocchia debbono compiere il miracolo di una vita più comunitaria per l’intera società”, sottolinea Papa Francesco. E conclude la catechesi esortando famiglie e comunità ad ascoltare, come a Cana, le parole della Vergine Maria “Madre del buon consiglio”: “Lasciamoci ispirare da questa Madre, facciamo tutto quello che Gesù ci dirà e ci troveremo di fronte al miracolo, al miracolo di ogni giorno!”.

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