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La riconciliazione cammina sulle gambe delle donne africane

africaDonneDavide Maggiore
“Le madri, le religiose, le giovani donne, anche sui social media, le lavoratrici con la loro carriera, hanno provato che il messaggio cristiano della pace è un obiettivo raggiungibile”. Sono state le parole di Yetneberesh Nigussie, rappresentante dell’Etiopia, a concludere l’incontro panafricano delle donne organizzato a Nairobi dal Simposio delle conferenze episcopali d’Africa e del Madagascar (Secam) tra il 31 agosto e il 4 settembre scorsi.
Riconciliazione come obiettivo. Al centro dei lavori, l’orizzonte della riconciliazione, a cui il Secam stesso ha dedicato – raccogliendo l’invito di papa Benedetto XVI nell’esortazione postsinodale Africae Munus – i dodici mesi che si concluderanno il 29 luglio 2016, dichiarandoli “Anno africano della Riconciliazione”. Un ideale per cui il ruolo delle donne può essere fondamentale, come la stessa storia recente del continente si è incaricata di mostrare. In dieci anni, sono state tre – ad esempio – le africane premiate col Nobel per la Pace: la kenyana Wangari Maathai nel 2004 e le liberiane Ellen Johnson-Sirleaf (presidente del Paese) e Leymah Gbowee nel 2011. Proprio una religiosa cattolica, suor Angelique Namaika, attiva in Repubblica Democratica del Congo, è stata invece insignita, nel 2013 del premio Nansen per il lavoro compiuto con i rifugiati. “Le donne – ha sintetizzato a sua volta a Nairobi Yetneberesh Nigussie – non sono le prime protagoniste dei conflitti ma ne sono le prime vittime: qui dunque ci impegniamo ad assicurare che la Chiesa cattolica attraverso le donne possa dare vita a un mondo dove le madri possano essere invitate a contribuire alla fine dei conflitti e della sofferenza umana in Africa”.
Famiglie al centro. Le parole di Nigussie facevano eco all’esortazione arrivata nei giorni precedenti dal cardinale arcivescovo di Nairobi, John Njue, intervenuto all’incontro. “Vi incoraggio a difendere la vostra dignità di donne, di madri, di mogli, ad usare la vostra capacità di persuasione per proteggere la Chiesa e per la promozione della coesistenza pacifica nel nostro caro continente africano”, aveva detto il porporato, ricordando poi che “la donna è l’immagine dell’amore di Dio come l’uomo lo è della paternità” e invitando le partecipanti alla conferenza – una cinquantina, provenienti da 18 stati – a tornare alle loro case riconciliandosi per prima cosa con i propri familiari. E proprio la famiglia come centro da cui partire per promuovere la pace nel continente è stato uno degli argomenti principali delle giornate di dibattito. “Viviamo in un mondo in cui le famiglie sono estremamente fragili e si trovano ad affrontare situazioni di sfida”, ha ad esempio spiegato la presidentessa dell’associazione delle donne cattoliche del Burkina Faso, Marie-Claire Nikiema. “Alcuni dei nostri Paesi – ha poi specificato – stanno sperimentando violenti conflitti religiosi e persino tribali. Noi donne ne siamo consapevoli e abbiamo la possibilità di riconciliare il mondo, perché tutto comincia con la famiglia”.
Ruolo politico. “Le donne – ha riconosciuto un’altra delle partecipanti al convegno, l’avvocatessa mozambicanaFilomena José Elias – sono il nucleo della famiglia e il centro della nostra società e hanno la responsabilità di dar forma al processo di riconciliazione”. Un compito per cui, ha riconosciuto anche padre Charles Odira, segretario esecutivo della commissione pastorale della conferenza episcopale keniana, le donne “sono nella posizione migliore, visto il loro approccio nonviolento”. Le potenzialità di un maggiore coinvolgimento della componente femminile della società, inoltre, diventano evidenti proprio all’interno della Chiesa dove, recita il documento preparatorio del convegno di Nairobi, “in particolare a livello parrocchiale e diocesano, le donne eccellono nel loro impegno e sono numericamente e qualitativamente, senza dubbio, la componente più efficace del laicato”. Una consapevolezza che ha portato le partecipanti all’incontro a riflettere anche su ambiti diversi da quello sociale, fino ad arrivare alla sfera politica dove la presenza femminile è in crescita ma ancora scarsa (solo tre donne, finora, hanno svolto o stanno svolgendo un mandato da capo di stato nel continente). “Molti paesi africani ancora non hanno donne in tutte le sfere del governo: le donne, come gli uomini dovrebbero essere pienamente coinvolte nei processi decisionali in tutti gli ambiti della società”, è stato dunque l’appello di Filomena José Elias.