AfricaDavide Maggiore
Condividere anche il benessere e la sicurezza sociale, non solo le perdite economiche. È questo il senso della proposta che la Chiesa cattolica sudafricana ha lanciato proprio mentre il Paese attraversa una crisi economica dalle conseguenze ancora poco chiare e che ha già coinvolto alcuni settori chiave, come quello minerario.
Conseguenze gravi. Le miniere (tra cui spiccano quelle di oro, ferro, carbone, platino, da sempre tra le risorse più importanti del Sudafrica) attualmente pesano per poco più del 5% sul prodotto interno lordo, ma ancora per oltre un terzo sulle esportazioni nazionali. Ora, però, rischiano di essere colpite da un’ondata di licenziamenti, già annunciati dalle più grandi compagnie del settore del platino, in gran parte controllate da società multinazionali. “È difficile capire quante persone esattamente rischino di perdere il lavoro – spiega Mike Pothier, analista dell’Ufficio di collegamento della Conferenza episcopale presso il parlamento (Cplo) – ma una delle quattro aziende più grandi ha già annunciato, da sola, 6mila licenziamenti”. Facile, secondo gli esperti, che si arrivi dunque a 10mila posti di lavoro in meno, complessivamente. E le conseguenze sociali, continua Pothier, rischiano di essere pesantissime: “Ogni minatore, in media sostiene col suo reddito quattro o cinque familiari adulti disoccupati, oltre ai bambini: l’effetto dei licenziamenti sarà sentito anche da loro, senza contare che nelle città minerarie molte attività economiche, ma anche scuole, sono nate proprio per provvedere alle necessità dei lavoratori, quindi soffriranno delle conseguenze”.
Patto sociale. Proprio da qui prende le mosse la Commissione giustizia e pace della conferenza episcopale sudafricana nel commentare la situazione e nel proporre soluzioni. “Con i prezzi delle risorse ai minimi, alcune compagnie minerarie ci dicono che in tempi difficili l’industria mineraria deve pensare soprattutto a contenere i costi (…). Vorremmo ricordare loro che in queste circostanze bisognerebbe pensare anche alle persone, soprattutto ai lavoratori che negli anni dei grandi guadagni hanno aiutato l’industria a realizzare grandi profitti per gli azionisti: abbiamo sempre sottolineato che il settore estrattivo dovrebbe esistere per il bene comune, non (…) a spese della società”, si legge nel documento firmato dal presidente dell’organismo, mons. Abel Gabuza, vescovo di Kimberley, una città che alle attività estrattive ha legato il suo nome e la sua storia. La proposta della Chiesa è la conseguenza di questa analisi: un “social compact”, ovvero “un patto sociale che enfatizzi la condivisione con i lavoratori della ricchezza accumulata durante i periodi i cui il prezzo delle risorse è alto. Questo – prosegue la dichiarazione della Commissione – dovrebbe includere la creazione di un fondo per la sostenibilità degli stipendi dei lavoratori”, da alimentare con parte dei profitti degli anni di forte produzione.
Esempio possibile. L’iniziativa arriva nel momento in cui anche il governo tenta di mediare tra i sindacati e la rappresentanza degli industriali per evitare che vengano persi posti di lavoro e per trovare strategie alternative per il contenimento delle spese: un impegno che la Chiesa ha esplicitamente dichiarato di apprezzare. “Molte diocesi – nota a questo proposito Pothier – hanno sede in aree importanti dal punto di vita minerario e i loro vescovi potrebbero facilitare i contatti tra le parti, anche se il ruolo fondamentale resta quello del governo; al momento non c’è stata una risposta ufficiale alla proposta della Commissione, ma i vescovi hanno quanto meno la possibilità di tentare di portare tutti ad un tavolo di trattativa, per quanto sia difficile”. La posta in gioco, del resto, va molto oltre il settore estrattivo, nel momento in cui la svalutazione della moneta locale, il rand, e un prodotto interno lordo in calo dell’1,3% a metà anno evidenziano le grandi difficoltà dell’economia. “Se questa vertenza sarà risolta collaborando – ragiona infatti l’esperto del Cplo – sarà un esempio per altri settori che attraversano, a loro volta, un momento di crisi: quello manifatturiero o l’agricoltura, che come le miniere dà lavoro a molti tra i cittadini più poveri. Un successo, insomma, sarebbe importante per il bene comune del Paese”.

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