CaritasL’equipe della Caritas diocesana

Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani,
siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
(Ef 2,13-14)

DIOCESI – Un prete passando per la Caritas raccontava come, andando a celebrare l’Eucaristia in una parrocchia che non ha ancora una chiesa, ha trovato l’altare, l’ambone, il tabernacolo e a lato, in fondo, cassette di pomodoro, pacchi di pasta e altri generi alimentari. All’inizio si è molto meravigliato, ma poi ha capito che, al di là di quello che potevano dire i liturgisti, era il segno di una comunità che aveva recepito quando già affermavano i padri della Chiesa.
Forse è bene rileggere quanto scriveva S. Giovanni Crisostomo: «Vuoi onorare il corpo di Cristo?
Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole…..
Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero?
Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua?
Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario?
Che guadagno ne ricava egli?…..
Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello» (Omelie sul vangelo di Matteo)
Il nostro desiderio è che la Caritas diocesana e quelle parrocchiali siano lo strumento che educa tutta la comunità cristiana ad essere il luogo caldo e accogliente verso quanti stendano la mano per chiedere, come verso quelli che la stendano per donare. Mai dimenticando, come afferma l’apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, che non ci sono più vicini e lontani, perché Cristo è venuto per abbattere ogni muro di separazione e di divisione.
Ha detto papa Francesco nell’omelia pronunciata domenica 12 luglio in Paraguay: “Nessuno può chiederci di non accogliere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto di quelli che hanno perso la speranza e il gusto di vivere. Come è bello immaginare le nostre parrocchie, comunità, cappelle, non con le porte chiuse, ma come centri di incontro tra noi e Dio, come luoghi di ospitalità e accoglienza”.
Sono parole forti e scomode, che ci interpellano e che ci ricordano come l’accoglienza fa parte della natura stessa della Chiesa, comunione trinitaria.
E da questo eco, non possiamo esulare e perderci , indifferenti, nella promiscuità della folla, perseguendo l’inganno, che si infrange e si camuffa dietro proposte allettanti. Occorre impegno e coraggio a fare della Caritas la casa di tutti, specie di chi non ha dimora, pane e amici. E tutto questo, non certo per supplire i doveri della comunità civile, nè per mettersi in mostra, ma esclusivamente perché fa parte della “misura alta” della vita cristiana.
Qualche anno fa è uscito un film di Ermanno Olmi, “Il villaggio di cartone”: in una chiesa dismessa, smontata pezzo pezzo, perché ormai non più frequentata, il vecchio parroco, che non se n’è andato, trasforma questo luogo di desolazione in uno spazio di fratellanza e di accoglienza per un gruppo di extracomunitari africani senza permesso di soggiorno. La cosa non è gradita alla gente del quartiere e nemmeno al sagrestano. Ecco il dialogo tra di loro:
-Perché hai lasciato entrare quella gente, nella nostra chiesa, perché ?
– Perché è una chiesa.
– Quella è tutta gente diversa, non può essere come noi.
– E noi, come siamo noi?
– Avere a che fare con loro è un rischio per tutti.
-Quando la carità è un rischio, quello è il momento della carità”.
La carità è rischiosa, ma è importante non farsi prendere dal demone della paura dell’altro, del diverso da noi, dello straniero: oggi più che mai occorre apprendere l’arte del convivere fra diversi, del sentirsi figli di un unico Padre, dell’accogliere i fratelli che ci sono dati, sapendo già che la presenza dell’altro obbliga un po’ tutti a “restringersi” perché nessuno rimanga fuori.
Forse è arrivato il momento, come per il vecchio prete del film, di trovare nuove vie della carità, della fratellanza e persino del coraggio di compiere quegli atti d’amore che chiedono anche il sacrificio .
Viviamo un tempo in cui il mondo ha bisogno di uomini nuovi e giusti per smascherare l’ambiguità delle parole con l’oggettività degli atti. E’ facile giudicare quando si ha un tetto sicuro, un pasto sicuro, uno stipendio oggi più o meno sicuro! Forse a volte è meglio digiunare dalle parole e assaporare la gioia che si prova nel donare più che nel ricevere.
Sono pensieri e riflessioni maturati alla Caritas diocesana e che vorremmo condividere con voi per poter ripartire dopo l’estate con maggiore impegno ed entusiasmo.
Intanto approfittiamo per comunicare che durante il mese di agosto la mensa rimarrà sempre aperta, come la casa di accoglienza per donne e, per quanto è possibile, anche gli altri servizi (alcuni hanno bisogno di un po’ di tempo per riorganizzarsi).
Desideriamo ringraziare per la collaborazione offerta dalle Caritas parrocchiali ed in modo particolari per i giovani delle diverse parrocchie, che stanno assicurando con competenza e puntualità, il servizio al refettorio.
Stiamo cercando di riorganizzare il Centro di ascolto (rimarrà aperto il lunedì – martedì – mercoledì – giovedì e sabato solo al mattino dalle 10.00 alle 12.00) e il poliambulatorio, dove c’è bisogno della disponibilità di alcuni infermieri.
Grazie dell’attenzione,

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