videogiochiDi Rino Farda

Anche se c’è la crisi e l’Istat registra per la prima volta un’inflazione a due velocità (i prezzi sono in calo per le famiglie più povere), gli italiani non hanno perso l’amore per il divertimento e passano sempre più tempo a giocare con i videogiochi. Solo nel 2014 nel nostro Paese sono stati spesi quasi 900 milioni di euro per il settore dei giochi elettronici. Nei primi mesi del 2015 si registra inoltre un’ulteriore crescita di questa spesa per quasi il 4%. I dati sono stati diffusi dall’Aesvi, associazione degli editori e sviluppatori di videogame in Italia. Per il cinema, per avere un dato di confronto nel contesto dei consumi del tempo libero, sono stati spesi solo 600 milioni di euro, un terzo in meno rispetto ai videogiochi.
Nel 2011 giocavano 22 milioni di italiani. Nel 2015 gli italiani innamorati di Playstation e Xbox sono diventati più di 29 milioni (praticamente un italiano su due). I giochi più venduti sono quelli del calcio: il campione di incassi è “Fifa 15”, seguito da un altro titolo calcistico di Electronic Arts dell’anno precedente “Fifa 14”. Al netto dei giochi di calcio, sono però i giochi di azione a dominare le vendite con un 39,9% del mercato contro il 17,2% delle simulazioni calcistiche. I titoli, tutti rigorosamente in inglese anche sul nostro mercato, sono: “GTA V”, “Watch Dogs”, “Call of Duty Advanced Warfare”, “Assassin’s Creed IV”, “Far Cry 4” (sono solo alcuni dei blockbuster molto violenti che presidiano la top 20 delle vendite del 2014).
I videogiochi, che ormai gli italiani preferiscono al cinema, sono strutturati come dei veri e propri racconti interattivi. Ci sono personaggi, dialoghi e situazioni che, nella maggior parte dei casi, proiettano il giocatore in situazioni estreme come pestaggi, corse automobilistiche senza freni, sparatorie cruentissime, agguati e tensioni di tutti i tipi. Con la diffusione del web, inoltre, i modelli più aggiornati di console di videogiochi, permettono ai giocatori di sfidare da remoto altre persone in tutto il mondo contribuendo a costruire in questo modo una vera e propria comunità virtuale di “ludomaniaci” coinvolti da azioni efferate, per quanto virtuali, in contesti estremi. Da anni le associazioni delle famiglie e dei consumatori premono per una più rigida regolamentazione della vendita e della distribuzione di questi videogiochi così violenti.
La notizia positiva è che, nonostante l’aumento impressionante delle quote di mercato, il pubblico dei minorenni sembra essere in diminuzione. Aumenta però quello degli adulti e si tratta di un dato sul quale forse ora si dovrebbe sviluppare una riflessione nuova. Negli ultimi anni, è praticamente scomparsa la divisione di genere (le donne giocano quanto i maschi: 49% donne, 51% uomini) e l’età si è alzata con valori percentuali abbastanza impressionanti. La fascia d’età in cui si registrano più videogiocatori infatti è tra i 35 e i 44 anni (24%), seguono la fascia tra i 45 e i 54 anni (20%) e la fascia tra i 25 e i 34 anni (18%). La diffusione delle console per videogiochi ha subito un incremento significativo dal 2011 al 2015. Oggi quasi 1 italiano su 3 di età superiore ai 14 anni possiede una console (14.1 milioni di persone); nel 2011 erano 10.8 milioni. Il tasso di penetrazione è quindi cresciuto di 6 punti percentuali, dal 22% al 28%. Il quadro che emerge dai dati dell’Aesvi è veramente inquietante: quasi 30 milioni di italiani non hanno lesinato le spese per i videogiochi, mentre invece si contrae ancora la quota di coloro che durante l’anno leggono (almeno) un libro: si è giunti al 41,4%, meno quattro punti percentuali rispetto al 2013.

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