ospedale fotoDIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 19 luglio.

La liturgia di questa domenica, 16^ del tempo ordinario, ci propone un brano evangelico che definirei alquanto “agitato”, vista la quantità di azioni e movimenti che Marco ci racconta in cinque versetti (6,30-34): gli apostoli che tornano dalla missione e raccontano a Gesù quello che hanno fatto; la gente che va e viene di continuo;
Gesù che parte in barca con gli apostoli verso un luogo deserto perché possano riposare, loro soli; la gente che li vede e accorre verso quel luogo;
Gesù che vede tutta quella gente e si mette ad insegnare loro molte cose. Sembra il filmato di una delle nostre giornate, così piene di cose da fare, di spostamenti da un luogo ad un altro, di gente che ci interpella, che ci chiede qualcosa e noi, spesso, vorremmo solo scappare in un luogo deserto, per riposarci un po’, magari soli con Gesù.

E qui sta il problema, perché, in realtà, Gesù non è mai da solo, ma attira attorno a sé tutti coloro che hanno bisogno di lui, della sua parola, della sua misericordia, della sua guida. Sono le pecore senza pastore, siamo noi, è il nostro mondo, le nostre comunità, le nostre famiglie a volte così smarrite, senza punti di riferimento, tradite e disperse dai falsi “pastori”, venditori di fumo d’ogni genere, che si sono ingrassati a spese del gregge, lasciandolo più povero, più triste, senza sogni, senza futuro, senza vita.
Di noi, come di loro, Gesù ha compassione e si mette a insegnare, a insegnarci di nuovo la vita, la bellezza, l’amore, la speranza, tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno per riacquistare la sua dignità, per stare in piedi da solo, per saper discernere la strada da seguire.
È significativo che Gesù non si comporta da “maestro”, ma da “pastore”, che, come dice Papa Francesco, assume l’odore delle sue pecore, poiché sta in mezzo a loro e ne condivide la vita.
È questo il deserto in cui Gesù ci conduce per stare con lui, il luogo in cui l’umanità soffre la sete di senso e aspetta da noi quella Parola che può dissetarla, la stessa Parola che, in principio, creò ogni cosa bella e buona perché l’uomo ne godesse appieno, e Dio si “riposò” proprio contemplando tutta quella bellezza.
Chiediamo al Signore di lasciarci insegnare a prenderci cura gli uni degli altri, perché in ciò, dice Paolo nella seconda lettura, sta la pace: quando i “lontani” diventano una cosa sola con i “vicini” e per mezzo di lui [Cristo] possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,18).

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