ProclaimDi Silvia Guzzutti

Un evento unico nel suo genere, nato dallo straordinario pontificato di Papa Francesco, che potrebbe rivitalizzare le parrocchie di Inghilterra e Galles come non è mai successo in passato. “Proclaim ‘15” riunirà sabato 11 luglio, nel cuore di Birmingham, oltre 800 cattolici provenienti da tutte le 22 diocesi, tra il vallo di Adriano e la Manica, che “impareranno” come evangelizzare, con modalità e accenti rinnovati, in uno dei Paesi più secolarizzati del mondo. Gli 11 gruppi di lavoro produrranno un centinaio di consigli pratici che potranno diventare una risorsa permanente, disponibile sul sito della Conferenza episcopale (www.catholicnews.org.uk/proclaim15), dove già si trovano la storia e il contenuto di questa iniziativa. Su questo momento storico per la Chiesa nazionale abbiamo intervistato il primate cattolico di Inghilterra e Galles, cardinale Vincent Nichols.

Nella biblioteca e nel teatro di Birmingham sono attesi tutti i vescovi di Inghilterra e Galles e centinaia di operatori che si occupano di evangelizzazione mentre le parrocchie, nel resto del Paese, pregheranno per il successo dell’evento. È una giornata che avete preparato per due anni, e che sembra rispondere alla “Evangelii gaudium” di Bergoglio, fornendo indicazioni pratiche per la missione della Chiesa. Qual è, secondo lei, la risorsa più importante che porteranno a casa i delegati?
“Senza dubbio direi un rafforzamento del nostro rapporto col Signore. La cosa più importante che possiamo fare, per poter evangelizzare bene, è radicare tutto quello che facciamo nella preghiera e nella nostra relazione personale con Gesù. Soltanto quando questo rapporto è vivo abbiamo qualcosa da offrire agli altri e possiamo ‘rischiare’ di mostrare agli altri la gioia e la consolazione che troviamo nello stare accanto a Gesù”.

Se dovesse scegliere, tra giovani cattolici che non vanno più in Chiesa, cattolici che praticano soltanto a Natale e stranieri appena arrivati nel Regno Unito, quale gruppo sceglierebbe di raggiungere con questa giornata dedicata alla evangelizzazione?
“Il lavoro di evangelizzazione che stiamo immaginando e incoraggiando, con questa iniziativa, deriva sempre dalle parrocchie e, quindi, la risposta a questa domanda cambia secondo le circostanze delle diverse comunità parrocchiali. In alcune potrebbero esserci 200 fedeli che vanno a Messa ogni settimana e altri 1.500 che arrivano in chiesa soltanto per battesimi, matrimoni e funerali; e quei 200, che frequentano la chiesa regolarmente, potrebbero decidere di voler raggiungere quei 1.500 che ci vanno soltanto ogni tanto, dando loro la priorità perché già frequentano la chiesa. Nel mezzo di una grande città può darsi che siano i cattolici che arrivano settimana dopo settimana, dalla Polonia o dall’Europa orientale, ad essere l’obiettivo più importante della missionarietà. Nella parrocchia in cui ero domenica scorsa, ad esempio, ‘All Saints’, nel Middlesex, era chiaro che avevano messo molta enfasi sulla famiglia, come primo ambiente di evangelizzazione e come luogo dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Così la parrocchia cresce, in forza e amore, di generazione in generazione”.

Sabato è la festa di san Benedetto, patrono di un’Europa profondamente secolarizzata. Pensa che “Proclaim ‘15”, iniziativa unica nel suo genere, possa raggiungere una società spesso così lontana da Dio?
“Penso che la società britannica stia riconoscendo, a tentoni, che ha bisogno di qualcosa di più del terreno piuttosto superficiale della nostra cultura pubblica. Qualcosa di più sostanziale e profondo di alcuni dei valori britannici che sono sì buoni e condivisi, ma hanno bisogno di un terreno più fertile e più solido. C’è la sensazione, qui nel Regno Unito, che ci siamo un po’ persi per strada e che se vogliamo recuperare la coesione della nostra società dobbiamo scavare più profondamente. Dobbiamo riconoscere che la fede in Dio è una risorsa enorme, non un problema, e, come società, dobbiamo imparare di nuovo come rendere nostra amica la fede religiosa”.

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