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Di Elisa Paolini

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 28 Giugno nello splendido scenario offerto dalla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto si è respirata un’atmosfera di moda e di qualità “tutta italiana” durante la sfilata Polvere di stelle, organizzata a coronamento di un anno d’impegno da parte di numerosi allievi del Centro di Formazione Professionale, corsi taglio e cucito, della modellista Daniela Giobbi che da svariati anni forma figure professionali nel campo della moda.

La sfilata dal tema “La moda tra gli anni Venti e Cinquanta” è stata un’ottima vetrina per le stiliste e aspiranti tali, le cui creazioni hanno riscosso grande ammirazione da parte del vasto pubblico presente, al quale è stato possibile fare un salto nei costumi del passato anche grazie al recupero di un’arte sartoriale, oggi spesso dimenticata.

La giovane Romina Ferrarini, una delle tante corsiste “dalla pelle intessuta”, creatrice per il saggio di una sorprendente collezione ispirata ai colori dell’Indonesia, ci rivela le origini e le motivazioni che l’hanno spinta a riscoprire il piacere e il valore del “saper fare”: «Mia nonna materna si è sempre dedicata al mondo della sartoria e questa sua passione ha coinvolto mia madre e di conseguenza anche me. Sin da piccola ho respirato, dunque, gli “odori” del taglio e cucito; a scuola spesso capitava che fossi disattenta in quanto dedita, nelle ore di lezione, al disegno di abiti fantasiosi. Non avevo mai avuto la spinta giusta per cimentarmi in prima persona fino a quando, due anni fa, mio marito ha saputo infondermi il giusto coraggio per intraprendere questa nuova esperienza».

Romina hai mai pensato di poter fare un giorno della tua passione un vero e proprio mestiere? E quali prospettive pensi possa offrire l’Italia per chi decide di compiere tale “salto”?

«Sinceramente ancora non ho realizzato l’idea di fare del cucito la mia unica occupazione, la mia intenzione, per ora, è quella di imparare, di crescere e di sviluppare una buona manualità. So di “colleghe” che hanno aperto delle sartorie, dei negozi online o sono dedite al lavoro a domicilio, per cui penso, e mi auguro, che la qualità di un manufatto sia un fattore determinante nella scelta dei capi. Ad oggi, inoltre, credo che la crisi che affligge l’Italia possa essere un valido motore per la ripresa di abilità e di mestieri di un tempo a scapito di un “usa e getta” che, purtroppo, impera.»

L’espressione “essere alla moda” quale significato ha per te?
«“Essere alla moda” comporta, a mio avviso, un’omologazione eccessiva, sintomo dell’appiattimento creativo che, in questo periodo, riscontro sempre più quando mi aggiro per negozi o mercati. Le masse omologate, in fin dei conti, sono portatrici di un’unitarietà solo apparente: sì, si è “di tendenza” ma sostanzialmente si recide la propria vena creativa. Ecco perché nel momento in cui realizzo un abito cerco di inserire sempre qualcosa di originale in grado di renderlo unico. Il mio consiglio è quindi quello di sviluppare il cosiddetto “buon gusto”.»

Quali sono le sensazioni legate alle varie fasi del “processo creativo”?
«L’ispirazione e l’ideazione di un determinato capo nasce in me, di solito, dall’osservazione e dal “colpo di fulmine” per un particolare, che sia un tessuto o un taglio originale: durante questa prima fase subentra la fretta nel voler concretizzare e dar vita alla propria idea il prima possibile. Il momento della realizzazione pratica può comportare degli attimi di scoraggiamento, alternati però ad una progressiva soddisfazione alla vista della propria opera che prende forma. Una volta giunta all’ultima fase, quella del confezionamento, è l’appagamento a prevalere: mi emoziono quasi come se avessi superato un esame importante. Creare un abito, poi, è un po’ come produrre una poesia o un dipinto, è qualcosa che parla della persona, che rivela parte della propria personalità.»

Che consiglio ti senti di dare a ragazze, giovani o meno giovani, che pur covando la tua stessa passione, o interessi di altro tipo, sono restìe ad imboccare nuovi percorsi, magari perché prese dai tanti affanni della quotidianità?
«La vita di una persona è, a mio avviso, un po’ come un mosaico; reputo, pertanto, fondamentale aggiungere una tessera in più a tale mosaico ogni qualvolta se ne abbia la possibilità, anche se ciò che si intraprende può essere irrilevante dal punto di vista del guadagno. Saper fare è un arricchimento, innanzitutto, umano e personale. Del resto si sa, lo sport cura il fisico, la propria passione è una cura per l’anima.»

Secondo te è possibile coniugare moda e fede?
«Sicuramente è possibile orientare la propria passione, nel mio caso la moda, e metterla al servizio dei valori cattolici in cui credo. Se un giorno, ad esempio, dovessi decidere di ricavare dei proventi dalla creazione degli abiti vorrei destinarli all’aiuto del prossimo o, perché no, potrei produrre dei capi di base e donarli direttamente a coloro che ne necessitano.»

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