Martinsicuro MareDIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 21 giugno.

La lettura del Vangelo di Marco: dopo aver annunciato per tutto il giorno la Parola alla folla assiepata lungo la riva del mare (lago) di Galilea, dalle parti di Cafarnao, seduto su una barca per riuscire a parlare, «venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: passiamo all’altra riva». Gesù non scende neanche dalla barca, ma chiede ai discepoli di attraversare il mare di Galilea in direzione del paese dei Geraseni, in territorio pagano; poi, vinto dalla stanchezza, si addormenta sul cuscino di poppa, mentre si scatena una tempesta che minaccia di travolgere la barca. Il seguito lo conosciamo bene, è il famoso miracolo della “tempesta sedata”, che ci è stato trasmesso da tutti i sinottici, ma che Marco ci narra ponendo particolare attenzione alle reazioni dei protagonisti. Solo nel suo vangelo, infatti, i discepoli, attanagliati dalla paura, svegliano Gesù apostrofandolo con queste parole: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» o, in altre parole, “non ti sta a cuore che noi moriamo?”. La crudezza di questa domanda ci colpisce, perché, come fa il mare in tempesta, porta a galla dal profondo un dubbio che alberga nel fondale buio e sabbioso del nostro cuore: “Ma è vero che Dio ci ama?”. La domanda, poi, è formulata in modo da contrapporre lui, Dio, che dorme tranquillo, a noi, poveri disgraziati, che stiamo lottando contro la morte …!

«Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede … egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro»: san Paolo ci presta le parole per la risposta, ricordandoci che non solo Cristo ci ama, ma è lui che è morto perché noi avessimo la vita in lui, per lui e con lui!
È vero, Dio può far tacere il vento e calmare il mare, e noi possiamo fidarci di lui, ma è ancora più bello sapere che egli si è legato a noi così strettamente e indissolubilmente, che non vuole scendere dalla nostra barca, e ci spinge sempre ad andare oltre i confini del nostro orticello, verso l’altra riva, verso coloro che ancora non lo conoscono; e non ci illude, nascondendoci o evitandoci le difficoltà e le fatiche che fanno parte della vita, ma si fida lui di noi, consegnando il suo sonno stanco alla forza delle nostre braccia e al coraggio del nostro amore, con i quali noi stessi possiamo compiere miracoli:«Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove».

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