euroNicola Salvagnin

Perché l’Europa, e in particolare la Germania, continuano a “monitorare” l’Italia e, pur lasciandola in pace, la osservano attentamente in ogni cosa che fa?
Per una validissima ragione legata al mostruoso debito pubblico tricolore, certamente. Se questo moloch dovesse, per una ragione o per l’altra, diventare ingestibile, trascinerebbe con sé l’euro e molte economie europee. Un disastro, insomma: l’Italia non è la Grecia ma una delle prime dieci economie del mondo.
Appunto perché il debito non ci scappi dalle mani, si guarda sempre con molta attenzione a cosa fa la classe politica e dirigente italiana. Con grande e crescente apprensione. Perché è vero che dal governo Monti (2011) in poi c’è stata discontinuità – nel senso che il controllo del debito è diventata priorità assoluta – e che sono state fatte alcune cose per tenerlo sotto controllo: l’innalzamento dell’età pensionabile e il reiterato blocco degli stipendi dei lavoratori pubblici sopra tutto.
Ma è anche vero che non è stata praticamente rimossa alcuna causa che alimenta la spesa pubblica, e che quindi si sono curati i sintomi più che il male. E che non ci vuole niente per far aprire falle nella diga temporaneamente messa per arginare il debito pubblico. Infatti…
La diga in questione sta smottando, e non per volontà politica questa volta. Gli è che il sistema italiano sembra essere stato concepito nel corso degli anni per paralizzare tutto, per evitare grandi cambiamenti ma dare spazio casomai a piccole riforme, quelle che l’ex premier Enrico Letta chiamava “aggiustatine con il cacciavite”.
Dapprima la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il taglio delle rivalutazioni delle pensioni sopra un certo livello, cosa che aveva arginato la spesa pensionistica per più di tre anni. Quindi bisogna restituire i soldi ai milioni di pensionati interessati, e si tratta di decine di miliardi di euro, non di noccioline. Il governo sta facendo quel che può, in modo parziale eppure dovrà sacrificare a questo altare i pochi soldi a disposizione per la ripresa economica.
Ma la Consulta si sta occupando pure del blocco degli stipendi degli statali nel periodo 2010-2015. Se lo riterrà incostituzionale, si aprirà un’altra vistosa falla nel sistema finanziario statale. Qualcosa come 13 miliardi di euro annui da tirare fuori già dal 2016.
Insomma quel che la politica costruisce, qualcun altro smonta. Non mettiamo naso né sulle competenze istituzionali, né sulla correttezza delle decisioni di tutte le parti, ma solo sull’opportunità: che tipo di musica ascoltare mentre si danza sul Titanic, appare meno interessante rispetto al futuro del Titanic stesso. E immaginiamo che queste continue contro-decisioni mettano parecchia ansia ai nostri partner europei: c’è da fidarsi di quel che fa o farà il sistema-Italia?
Ma, si dice, vanno valutate le regole, non l’opportunità. Tutto sommato giusto, anche se alle stesse non vorremmo impiccarci. E allora la classe politica cominci a prendere decisioni strutturali e inattaccabili, smettendo la strategia della pezza che alla lunga è peggio del buco. Va bene la tattica di arginare alla bell’e meglio, ma ad un certo punto ci vogliono le strategie di lungo periodo per vincere la battaglia del debito pubblico e, quindi, del nostro futuro. C’è una “freddura” assai conosciuta che racconta di quel tipo che, buttato giù da un grattacielo, guardava i piani dello stesso sfilargli davanti agli occhi e ripeteva: “Fin qui tutto bene”. Non ci ha mai fatto ridere.

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