Vescovo CarloDIOCESI – Il 28 maggio 1974 la notizia della strage di piazza della Loggia a Brescia che procurò 8 morti e oltre 100 feriti spaventò l’Italia. Si era negli anni cosiddetti “di piombo”. L’anno dopo il nostro vescovo Carlo veniva consacrato sacerdote.
Così  si legge in una rievocazione fatta dopo quarant’anni da quel triste episodio che ci dà la situazione reale di quei giorni proprio nel ricordo di un’ordinazione sacerdotale dell’anno prima del nostro.
«Correva l’anno 1974 e quel 15 giugno, giorno di festa per l’ordinazione di ben 21 preti novelli (19 diocesani e 2 religiosi), mostrava ancora i segni delle ferite causate dalla bomba di piazza della Loggia. Quindici giorni prima, il 31 maggio, ad assistere il vescovo Luigi Morstabilini nella celebrazione della messa esequiale e ad ascoltare le sue parole di cordoglio e di speranza per le vittime causate dalla violenza, c’erano i seminaristi e tra di essi quelli destinati a essere consacrati presbiteri pochi giorni dopo.
Il 13 giugno, giovedì del Corpus Domini, lo stesso vescovo aveva presieduto la solenne celebrazione eucaristica e poi la processione con il Santissimo, per una volta ristretta al perimetro di piazza Duomo al fine di evitare qualunque strascico di contestazione. Ai fedeli, accorsi numerosi, il vescovo parlò della necessità di «riconciliare e di riconciliarsi, perché quello era il segno che l’Ostia consacrata suggeriva e proponeva agli uomini di buona volontà, qualunque fossero le afflizioni che i giorni proponevano». Nello stesso giorno, accanto alla foto dei novelli sacerdoti pubblicata dal settimanale diocesano, il sommario sottolineava le attese dell’intera comunità scrivendo: «Non possiamo che augurarci che in una società compromessa dall’odio e dalla violenza e in una comunità civile ed ecclesiale che avverte sempre più i sussulti di una deleteria divisione, i novelli sacerdoti siano portatori di amore per Dio e per i fratelli, di giustizia per gli oppressi, di conforto per i soli, di luce per gli ignoranti e di pace e fraternità per tutti». Il 15 giugno, nel Seminario affollato da migliaia di persone arrivate da tutta la Diocesi, il vescovo, chiamati a sé i giovani aspiranti al sacerdozio, li benedì, li consacrò e li inviò ad annunciare il Vangelo a un mondo angosciato e preoccupato. «IN QUESTO particolare momento della storia – disse il vescovo – dobbiamo essere capaci di abbracciare le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini per trasformarle in certezza di buon futuro». Perché questo avvenga, spiegò il presule «non temete le difficoltà, siate umili e diffidenti della troppa sicurezza, amate la Chiesa e di fronte alle sue eventuali deficienze, non mettetevi contro di essa, vogliatevi bene tra di voi e diffondete ovunque la carità di Cristo»
Fu il vescovo Luigi Morstabillini il 7 giugno 1975 a consacrare sacerdote il seminarista Carlo Bresciani.

Quell’anno furono in 33. Il vescovo Luigi fu voluto da papa Paolo Vi nella sua diocesi: segno di stima e di amore per la sua terra. Così si espresse nel ricevere i pellegrini pervenuti da Brescia a Roma nell’Anno Santo indetto proprio in quell’anno 1975, denominato “Del Rinnovamento e della Riconciliazione”.
«Grande è la nostra gioia, la nostra commozione nel ricevere oggi il pellegrinaggio ufficiale della diocesi di Brescia, che fa seguito a numerosi precedenti pellegrinaggi parrocchiali.
A voi tutti, figli carissimi, il nostro affettuoso saluto; e con voi salutiamo in particolar modo il vostro venerato Pastore, Monsignor Luigi Morstabilini, gli zelanti sacerdoti, nonché le autorità civili che vi hanno preso parte. Nel salutarvi, l’animo nostro si sente pervaso dalla soave presenza di ricordi, sui quali, se il tempo ce lo permettesse, ameremmo soffermarci con voi in familiare ed amichevole conversazione, tanti sono i vincoli che tuttora ci legano alla nostra cara diocesi di origine, tanto è il bene che personalmente ne abbiamo ricevuto, tanto è il valore che attribuiamo alle nobili tradizioni cristiane che la distinguono. Anche per questa singolare capacità che la vostra venuta qui, dinanzi a noi, ha di evocare cose e persone sempre presenti nel nostro spirito, desideriamo esprimervi la nostra paterna, viva riconoscenza».

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