caneNell’era del lifting selvaggio, un “ritocchino” non si nega a nessuno.
Ma proprio a nessuno. Neanche agli animali! Basta che il solerte padroncino (uomo o donna non conta) del “pet” da trattare abbia le sufficienti risorse per permetterselo. Le prove? Solo negli Usa, ogni anno si spendono più di 62 milioni di dollari per interventi cosmetici o correttivi su cani e gatti. In verità, questa strana attività “veterinaria” (ma lo è veramente?) ha avuto origine in Brasile, da sempre in prima fila nel settore dei ritocchi per uomini e donne. Ma lo spirito d’emulazione ha subito contagiato gli Stati Uniti che, si sa, amano fare le cose in grande.
E così, gli interventi chirurgici di questo genere hanno raggiunto un costo medio di 1000-1500 dollari, con punte che arrivano fino ai 5000! Per la gioia di alcune cliniche veterinarie installate a Beverly Hills!
Certo, occorre fare una distinzione. Alcuni di questi “rimedi” hanno una finalità migliorativa per il benessere dell’animale e, come tali, appaiono giustificabili, almeno in linea di principio. È il caso, ad esempio, del lifting alle palpebre, non solo cadenti ma spesso piene di rughe, di alcuni cani, che impediscono loro di vedere bene e soprattutto diventano ricettacolo di batteri pericolosi e causa di infezioni.
Ma cosa dire del “rifacimento” di orecchie cadenti, di palpebre sporgenti, del profilo del naso, di mammelle appesantite dopo l’allattamento dei cuccioli, o addirittura dell’impianto di protesi testicolari (“neuticles”) nei cani castrati, per camuffare la loro menomazione (ovviamente, imposta loro dal “solerte padroncino”) e salvare così l’onorabilità? Evidentemente, si tratta di pura “cosmesi”, talvolta finalizzata alla vincita di concorsi di bellezza per le rispettive categorie animali (cosa peraltro contraria ai regolamenti previsti). Insomma, più che le velleità estetiche dei poveri “pet” (a cui dubitiamo possa interessare la cosa), la fanno da padrone le fissazioni – a volte vere ossessioni – dei proprietari.
E in Italia? Per ora, non sembriamo molto interessati al fenomeno. Ma in compenso, siamo disponibili a spendere circa 600 milioni di euro l’anno in medicinali per animali, tanto da alimentare un’indecente speculazione in questo settore. Non si capisce perché, infatti, i farmaci per animali debbano costare anche quattro volte in più dei corrispondenti prodotti per uso umano. Uno spreco incomprensibile che fa leva sull’estrema devozione per i nostri compagni domestici.
Una domanda ai “solerti padroncini” ossessionati dall’estetica dei propri pet: avete mai pensato di destinare una piccola parte di tutto questo denaro ad altro? Magari a dare una mano alle suore di Madre Teresa per sfamare i poveri? Non ne guadagnerà in estetica il vostro pet, ma volete mettere la soddisfazione di aiutare un umano? Così, giusto per dire e senza offesa per i pet. Ché pure noi li amiamo, come Francesco. Ovviamente il Santo.

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