naturaMaria Chiara Biagioni
Grandi prove generali a Parigi per la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici (COP21) che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre. La Francia e il suo presidente Francois Hollande sono schierati in prima linea perché il summit non sia un insuccesso. Da mesi si promuovono proposte, documenti, incontri, tavole rotonde per un appuntamento che farà luce o getterà un’ombra definitiva sui destini del pianeta. L’ultima iniziativa è stata quella di convocare giovedì 21 maggio nella sede del Senato della Repubblica, al Palais du Luxembourg i leader di tutte le religioni presenti nel Paese: cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani, buddisti. Nella consapevolezza che i politici e gli scienziati possono fare davvero poco se non si riescono a mobilitare le anime e le menti.
La gravità della situazione. Quella di Parigi sarà “l’ultima opportunità” che l’uomo ha per affrontare, di comune accordo e in coralità di interventi, l’annoso problema dei cambiamenti climatici. I leader religiosi ne sono consapevoli e condividono le stesse preoccupazioni. La situazione non è mai stata grave come oggi. La temperatura del pianeta non ha fatto che aumentare negli ultimi tre decenni e le conseguenze si vedono nelle continue catastrofi naturali, scarsità di acqua, danni irreparabili all’agricoltura, povertà crescente, aumento dei flussi migratori. Sono problemi che preoccupano tutti ma non è scontato che il prossimo dicembre a Parigi si raggiunga un accordo globale sugli impegni per frenare il riscaldamento del Pianeta. La storia di questi vertici non è felicissima e fatta eccezione per quello del ’97 a Kyoto, sono più gli insuccessi che i successi, più le attese che i risultati. Il segretario generale delle Nazioni Unite nelle settimane scorse è andato a Roma per chiedere un aiuto a papa Francesco. La Francia ha rivolto lo stesso accorato invito ai leader religiosi perché prendano parte in maniera attiva al processo di avvicinamento e preparazione della conferenza.
“Ci dovete aiutare a vedere ciò che siamo”. A rimettere al centro dei processi in atto l’uomo, il rispetto per “la dignità umana e la promozione della giustizia sociale”. È Nicolas Hulot, inviato speciale del presidente della Repubblica francese per la protezione del clima, a fare gli onori di casa e ad accogliere con queste parole i leader religiosi. “La situazione è talmente grave – ha detto – che sarebbe poco intelligente privarsi del contributo di tutti”. D’altra parte la “battaglia” si vince soprattutto se la si combatte anche “sul piano dello spirito” perché “l’animo del mondo è profondamente malato” e per sanarlo occorrono le religioni. Il colloquio parigino inaugura la collaborazione interreligiosa verso la Conferenza di Parigi. È la prima volta che le religioni si trovano sul tema dell’ambiente. Altre iniziative saranno promosse da qui fino a novembre. Tra queste l’adesione al “digiuno” che viene osservato ogni primo del mese e che per iniziativa di un ragazzo filippino, sta coinvolgendo in tutto il mondo migliaia di persone. I leader delle religioni hanno scelto proprio il primo di luglio (tempo in cui i musulmani staranno vivendo in pieno il digiuno del Ramadan) per consegnare al presidente francese Francois Hollande una dichiarazione solenne sul clima e sull’impegno degli uomini e delle donne di fede.
Non cedere alla paura e guardare al futuro con speranza. “Il futuro – dice a nome di tutti il pastore protestante Francois Clavairoy, presidente della Conferenza dei culti religiosi in Francia – non può essere visto come una minaccia ineluttabile ma come la promessa di una speranza ancora tutta da costruire”. Schierati in prima linea in questo impegno per la salvaguardia del creato ci sono il vescovo cattolico monsignor Lean-Luc Brunin (Conferenza episcopale francese), il Metropolita ortodosso Emmanuel, il gran Rabbino di Francia Haim Korsia, l’imam Anouar Kbibech del Consiglio francese del culto musulmano. Prendono la parola i responsabili di associazioni e movimenti impegnati in progetti di solidarietà e sviluppo sostenibile come Pax Christi e Terre Solidaire. Si intrecciano le letture del Talmud, della Genesi e del Corano. Le parole del Budda si uniscono a quelle del Dalai Lama. C’è molta attesa qui a Parigi per la pubblicazione in giugno dell’enciclica di papa Francesco sull’ecologia. Piace l’insistenza del papa sul fatto che la questione ecologica non può essere disgiunta dalla questione dello sviluppo e dall’attenzione ai poveri. Perché la prima vittima della “dominazione” dell’uomo sull’ambiente è l’uomo stesso. E affrontare la questione ambientale significa oggi “pacificare il mondo”. “Siamo in un momento favorevole – osserva monsignor Jean-Luc Brunin – per invertire la rotta. Per dire che un altro avvenire è possibile, per mobilitare tutte le forze positive della società, per progredire insieme. E se la gente guarda ai fenomeni in atto nel nostro pianeta con preoccupazione, occorre passare dall’inquietudine impotente alla presa di consapevolezza che un cambiamento è possibile”.

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