bambino scuolaGiovanna Pasqualin Traversa

Che cosa hanno in comune Wolfang Amadeus Mozart, Albert Einstein e Walt Disney? Oltre che l’essere stati dei geni anche il fatto, meno noto, di essere stati bambini dislessici. Ciò che per la maggior parte delle persone risulta di facile apprendimento e finisce per diventare automatico, come leggere, scrivere e calcolare, per alcuni ragazzi è come pedalare in salita con il freno tirato e finisce per tradursi in isolamento e pesante senso di frustrazione se non viene prontamente intercettato, identificato e trattato. Per la Federazione italiana logopedisti (www.fli.it), il 10% dei piccoli in età prescolare e il 5-6%% degli alunni della primaria presenta un ritardo o un disturbo dell’apprendimento o del linguaggio (Dsa). Dislessia, disortografia, discalculia, disgrafia sono, secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, “disturbi costituzionali, di origine neurobiologica, che rendono difficoltoso l’apprendimento della lettura, della scrittura o del calcolo in bambini molto intelligenti e che non hanno disturbi di altro tipo”. Bambini che tuttavia vengono spesso colpevolizzati perché considerati erroneamente svogliati.

Intervenire precocemente.
Per Tiziana Rossetto, presidente Fli, si tratta di oltre 570mila bambini italiani, cui si aggiunge un “sommerso” difficilmente quantificabile di piccoli stranieri e/o immigrati che si trovano anche a dover fare i conti con una lingua diversa da quella dei genitori. Intervenire precocemente e rafforzare le “capacità” mancanti, è il rimedio migliore per evitare conseguenze gravi che potrebbero tradursi anche in alte probabilità di abbandono scolastico, emarginazione, devianza. Dunque, se un genitore o un insegnante sospetta di trovarsi di fronte a un bambino dislessico, deve chiedere al più presto l’intervento di un professionista. Ma come riconoscere un disturbo del linguaggio? Anzitutto, spiega Rossetto, “valutando il vocabolario di un piccolo tra i 12 e i 18 mesi”, ma anche osservando le sue capacità di interazione con chi si prende cura di lui. Se intorno ai 24-30 mesi il linguaggio è ancora povero e solo la mamma riesce a “tradurre” le “parole” o i “suoni” del piccolo, allora deve scattare un campanello d’allarme. La diagnosi, fatta da specialisti mediante specifici test, permette di identificare il problema ed evita errori comuni come attribuire la causa a problemi psicologici. A tal fine, l’Irccs Medea – La Nostra Famiglia ha avviato una ricerca con lo scopo d’identificare precocemente (già dai tre anni) i segnali predittivi dei disturbi della comunicazione e del linguaggio, approvata dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del ministero della Salute.

Come aiutare i bambini. I bambini cui è stata diagnosticata la dislessia possono essere aiutati in diversi modi: con un processo di apprendimento personalizzato e realizzato ad hoc, studiato dalle insegnanti con semplici provvedimenti di modifica della didattica come la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento di compiti o l’uso della calcolatrice e/o del computer. Se la dislessia coinvolge aspetti fonologici, quali ad esempio la pronuncia non differenziata di grafemi come la v e la f, diventano necessarie le sedute con un logopedista, ma – ricorda la Fli – in Italia “ce ne sono circa 15mila mentre ne servirebbero almeno il triplo, e sono pochissimi quelli inseriti nel Sistema sanitario nazionale”. Il rischio è che i piccoli della fasce sociali più svantaggiate restino esclusi dai percorsi di riabilitazione. Il Decreto ministeriale 5669/20111, attuativo della Legge 170/2010 che riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici di apprendimento (Dsa), esplicita le indicazioni contenute nella legge riguardo alle modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, alle misure educative e didattiche di supporto e alle forme di verifica e valutazione, per garantire il diritto allo studio degli alunni con diagnosi di Dsa nelle scuole di ogni ordine e grado, dalla scuola dell’Infanzia all’università. Fanno parte integrante del Decreto le Linee guida che forniscono ulteriori indicazioni per l’applicazione della legge.

Per amare lo studio. Uno dei maggiori scogli per i bambini dislessici sono i libri di scuola. Per superare il problema, qualche anno fa l’Associazione italiana dislessia (www.aid.it) ha elaborato il progetto “Libroaid”, una Biblioteca digitale per dislessici sostenuta inizialmente dall’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna e finanziata dalla Fondazione Telecom Italia. Dall’anno scolastico 2013/2014 il progetto è autofinanziato e, riservato ai soci Aid, consente ai ragazzi con diagnosi Dsa di richiedere il formato Pdf aperto dei testi scolastici della scuola elementare, media e superiore, che possono essere letti al Pc da programmi dotati di sintesi vocale. Gli studenti possono interagire con i file per svolgere i compiti o creare mappe concettuali. Un modo per aiutarli a riacquistare fiducia in sé e a non ritenere più lo studio una fatica di Sisifo, ma anzi qualcosa da amare.

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