Palestina“Certamente è un riconoscimento”. Così padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, rispondendo alle domande dei giornalisti ha definito l’accordo di oggi tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, a conclusione della plenaria della Commissione bilaterale. “Un’intesa sul testo e la prossima firma di un accordo globale tra le parti”: questi i risultati raggiunti al termine del lavoro della plenaria, del cui significato parla – in un’intervista a “L’Osservatore Romano” – monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti con gli Stati e capo delegazione della Santa Sede che ha partecipato alla riunione. “L’intesa – ricorda Camilleri – è frutto dell’accordo base tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), firmato il 15 febbraio 2000. Come tutti gli accordi che la Santa Sede firma con diversi Stati, quello attuale ha lo scopo di favorire la vita e l’attività della Chiesa cattolica e il suo riconoscimento a livello giuridico anche per un suo più efficace servizio alla società”. Quanto al testo, Camilleri anticipa che in esso “si esprime l’auspicio per una soluzione della questione palestinese e del conflitto tra israeliani e palestinesi nell’ambito della Two State Solution e delle risoluzioni della comunità internazionale, rinviando a un’intesa tra le parti”.

Per Camilleri, l’accordo di oggi “ha una valenza del tutto particolare”, visto che in esso si riconoscono “chiaramente, tra le altre cose, la personalità della Chiesa e la libertà religiosa e di coscienza”: per questo, “può essere seguito da altri Paesi, anche da quelli a maggioranza musulmana, e mostra che tale riconoscimento non è incompatibile con il fatto che la maggioranza della popolazione del Paese appartenga ad un’altra religione”. Quanto alle ripercussioni sul piano politico, per Camilleri “sarebbe positivo che l’accordo congiunto potesse in qualche modo aiutare i palestinesi nel vedere stabilito e riconosciuto uno Stato della Palestina indipendente, sovrano e democratico che viva in pace e sicurezza con Israele e i suoi vicini, nello stesso tempo incoraggiando in qualche modo la comunità internazionale, in particolare le parti maggiormente interessate, a intraprendere un’azione più incisiva per contribuire al raggiungimento di una pace duratura e all’auspicata soluzione dei due Stati”.

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