Di Floriana Palestini

DIOCESI – “Pellegrinaggio” è quando si lascia la propria casa, si interrompono le occupazioni di tutti i giorni e ci si mette in viaggio.
Non è solo turismo: il pellegrinaggio è un modo per rinnovarci, ripensare noi stessi e trovare “segni” di ciò che è davvero importante nella nostra vita.” (tratto da Pellegrini alla Sindone, diocesi di Torino, ed. Velar) Questo pellegrinaggio a Torino è stato un cammino alla ricerca dell’ “amore più grande”: nella testimonianza di vita del Beato Piergiorgio Frassati; nelle opere e nelle parole di Paolo e Giovanni, due giovani del Sermig che come gli apostoli hanno lasciato quello che stavano facendo per seguire Gesù e mettersi al servizio degli ultimi.
Abbiamo toccato e visto con i nostri occhi Valdocco, il luogo in cui l’amore di un giovane torinese, don Giovanni Bosco, ha conquistato decine e poi migliaia di ragazzi.

È l’“Amore più grande”,  lo stesso che ci ha accompagnato verso la Cattedrale di S. Giovanni Battista e ci ha fatto inginocchiare di fronte alla testimonianza della Passione, impressa sul telo della Sindone. Lo stesso Amore ci ha poi seguito sulla strada del ritorno e continua a farlo ogni volta che ci incontriamo per strada, ogni volta che salutiamo i nuovi amici che abbiamo trovato a Torino, ogni volta che con i “vecchi” amici della parrocchia insieme al sacerdote, partecipiamo all’eucarestia, all’ “amore più grande”   spezzato per noi.

Durante la S. Messa della domenica, celebrata nella chiesa di S. Francesco d’Assisi, don Pierluigi ha riflettuto con i ragazzi su quanto avevano vissuto quella mattina: “Non siamo stati noi a decidere di venire al pellegrinaggio: pur inconsciamente, abbiamo realizzato che è stato Lui che ci ha chiamati. Ci ha chiamati dall’interno della teca anti-proiettili che lo protegge e ci ha condotti fin qui: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi. Quell’Uomo bastonato, crocifisso, insanguinato, quell’Uomo che ci ha guardato stamattina, vi ha cercato tutti quanti e vi ha chiesto di venire qui perché portiate il vostro frutto e il vostro frutto rimanga per sempre. Vi ha chiamati qui perché tutto quello che chiedete al Padre nel suo nome ve lo conceda, perché vi comanda che vi amiate gli uni gli altri e vi chiama amici. L’Uomo della Sindone, il Figlio di Dio Cristo Gesù, ci ha strappato dalle nostre paure, dai luoghi in cui ci eravamo nascosti, dai nostri dubbi, dai nostri dolori, dalle nostre lacrime. Ci ha portati qui per dirci questo: “Io vi ho chiamato amici”. Quanto è bello sentirsi chiamare amici? “Amici” è sapere che qualcuno è pronto a dare la vita per te. Non fermiamoci all’amore provvisorio, non chiediamo l’elemosina dell’amore. Cercate, chiedete e otterrete l’Amore più grande. Vivete l’amore più grande: sarete uomini liberi, non schiavi, perché di fronte a Dio non ci sono preferenze di persone. Quando tornerete a casa portate frutto, raccontando quello che avete visto. Al di là della stanchezza, vi trovere ad essere contenti, perché nessuno di voi stasera a casa potrà nascondere di esserlo. Domani non vorrete andare a scuola, o a lavorare, ma sarete contenti e non saprete spiegarvelo, perché solo per un momento, guardando il volto di quell’Uomo pieno di dolore, avete visto che il vostro dolore, quello più profondo, quello che non raccontate a nessuno, è stato già vinto. Ragazzi, tornando a casa dite sì: dite sì a tutto ciò che è servizio, a tutto ciò che vi chiede la vita; non dite mai di no, seguite ogni sogno bello che il Signore mette nel vostro cuore.

Come i discepoli di Emmaus, siamo tornati con il cuore che ardeva nel petto: la sfida del cammino del prossimo anno e della GMG di Cracovia è ora più vicina e con gioia vogliamo affrontarla!

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