Ufficio comunicazioniEditoriale del Direttore Pietro Pompei

Quando ripenso al Comune Rustico di Carducciana memoria, mi commuovo sia perché ripercorro il mio sforzo giovanile nel portare a memoria versi tanti difficili, sia per quei sentimenti romantici di un momento storico, in cui la comunità si riuniva in autentica fraternità. Se quella secolare quercia, che faceva ombra all’improvvisato parlamento, avesse potuto parlare, chissà quante storie ci avrebbe tramandato. In questi giorni, là dove il cittadino è chiamato alle urne, si sta rivivendo un po’ di questo clima fraterno tra il paesano, il georgico e il bucolico. Ci si vuole tutti bene, ci si saluta a distanza, si rispolverano i vecchi ricordi per dire all’altro che si è cresciuti insieme e che insieme è necessario, attraverso il voto, proseguire.

Persone che fino a ieri si ignoravano completamente, ora si sorridono, si danno pacche sulle spalle e fanno capire che se c’è qualche problema da risolvere, ecco non ci si tira indietro. Da quando tornavo a casa, nel lontano 1948, inzaccherato di colla nella gara a chi metteva più manifesti e il più alto possibile, la tattica della promessa elettorale non è mai cambiata. Il cittadino all’inizio ci ha creduto, e poi, man mano, si è fatto più diffidente e ora guarda con sussiego i tanti “santini” riepilogativi fin dal latte materno, che si stampano per l’occasione. Ha capito che i suoi piccoli problemi hanno per gli altri un interesse datato e che ci vorranno anni e qualche fortunata coincidenza per poterli risolvere. Ormai non si crede più al politico dopo il bell’esempio di un Parlamento rissoso e insulso, dove predomina la dialettica dell’insulto, dove si pensa più a far spettacolo che cercare soluzioni ai troppi problemi degli elettori. Manca una cultura politica. Nel ricordo della Resistenza di questi giorni, il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento alla Costituzione scaturita dall’impegno di tutti. Questo dovrebbe essere l’atteggiamento di una classe politica in una situazione, come quella attuale, altrettanto critica. Si pensa, ora, alle elezioni regionali. Bisogna far conoscere in anticipo i progetti e promuovere manifestazioni di piazza, perché la stampa ne parli e così incominciare quello stillicidio pubblicitario per cui quando si arriva all’urna, si vota in maniera condizionata. E’ un po’ come quando si va al banco a chiedere un aperitivo, e subito ti viene in mente “ un Campari naturalmente!”. L’argomento “pace” in questo periodo,visto la situazione mondiale, tira molto, e come ignorarlo in una Provincia che può fregiarsi della medaglia d’oro della Resistenza? Il cittadino guarda e osserva e non si lascia più incantare, perché anche sulla Resistenza ha le sue personali idee. E che dire poi della “destra” e della “sinistra”? Oggi si va alla ricerca, per quanto riguarda l’elezioni locali, di simboli che non evocano questa spaccatura.

Comunismo e fascismo sembrano radiati dal vocabolario. Queste attuali divisioni, è vero, fanno parte della nostra storia, ma è necessario. come dice il filosofo Domenach, “che esse si liberino dalla Storia per rientrare nella storia”. Basta a spaventare gli elettori sui discorsi di libertà e democrazia. La libertà è preliminare ai partiti e non viceversa e la democrazia è una costruzione permanente. Si ricorre a promettere sempre “panem et circenses”, quando la gente ha fame principalmente di giustizia sociale. Le promesse “attappabuchi”, sono scivolate nel ridicolo, chi si presenta per governare deve essere preparato non solo a compiti di gestione, ma anche ad intervenire là dove le differenze sociali non riguardano solo i beni necessari per la dignità personale, ma anche le ineguaglianze che possono minacciare la stessa libertà.

I politici dovrebbero finalmente capire che il cittadino è diventato perspicace grazie, specialmente, alle tante loro bugie. Il loro atteggiamento spesso dimostra una poca stima degli elettori.

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