ElisaDi Elisa Paolini

ITALIA – A qualche giorno di distanza dalla festa dei lavoratori riflettiamo insieme su un grande evento al quale abbiamo preso parte direttamente e con piacere: il concerto svoltosi presso il Parco Archeologico delle Mura Greche di Taranto, che a sorpresa (o magari no?) ha registrato un’affluenza straordinaria di spettatori, le cifre parlano infatti di circa 200.000 partecipanti.

Spesso posto in contrapposizione al classico “concertone” romano di Piazza San Giovanni, la risposta del “controconcerto” tarantino non si è fatta attendere a lungo, gettando luce sulle bellezze del luogo, ma anche, e soprattutto, sui problemi che notoriamente attanagliano una città stanca ma ancora vogliosa di lottare (proprio «Riconversione mentale» è stato lo slogan della giornata e, ci si augura, non solo).

La manifestazione spesso definita «partita dal basso» in quanto resa possibile grazie ai sacrifici e alla determinazione del Comitato organizzatore “Cittadini liberi e pensanti” e alla disponibilità di un pubblico disposto a contribuire anche economicamente con offerte e con l’acquisto di magliette e gadget dell’evento, ha registrato un sistematico alternarsi di performance musicali e di momenti di profonda riflessione sui temi dell’inquinamento ambientale, dei problemi sul lavoro, e dell’incuria delle amministrazioni della nostra penisola. A testimonianza dell’impegno civile e della  forza di saper dire basta di fronte ad orrori come quelli della  “Terra dei fuochi”, dell’Eni, dell’Ilva (e simili) sono intervenute sul palco personalità come Don Palmiro Prisutto, parroco della Chiesa Madre di Augusta (SR), strenuo portatore di una battaglia contro «l’olocausto ambientale» che minaccia le sue zone (con la presenza di ben dodici industrie ad alto rischio), la coraggiosa Raffaella Ottaviano che ha saputo denunciare il racket camorristico nella sua Ercolano e, ancora, il sindaco messinese Renato Accorinti, attivo nella difesa dei diritti civili, dell’ambiente e nella lotta alle mafie nella sua Messina e molti altri.

Ha affermato in modo deciso Don Palmiro: «Ad Augusta ci sono anche bambini che non nascono, bambini che dopo esser nati nati si portano appresso una malattia che durerà per tutta la vita, ad Augusta abbiamo una delle più alte percentuali di morti per cancro e tutto questo è frutto di scelte sbagliate che ci rendono molto simili alla vostra realtà di Taranto e ad altre realtà d’Italia. Mi trovo qua oggi perché da un anno ho iniziato qualcosa che ha riportato Augusta sotto i riflettori. Partendo dal mio lavoro di parroco, ho deciso di istituire una messa a ricordo di tutte le persone morte di tumore, è infatti opportuno, così come si ricordano le vittime della mafia del terrorismo e di altre stragi, dare voce alle vittime di questa strage silenziosa. Noi vogliamo dire basta a questo tipo di mentalità: il lavoro deve servire per vivere, non si vive per lavorare e non si lavora per morire».

Uno degli interventi più applauditi è stato senza dubbio quello del direttore de Il fatto quotidiano Marco Travaglio che per una ventina di minuti è riuscito ad attrarre l’attenzione di tutti i presenti ripercorrendo con dovizia di particolari i momenti salienti dell’iter dei decreti salva siderurgico.

A cadenza regolare dal palco i presentatori, tra cui l’attore romano Andrea Rivera, la cantante tarantina Mietta e la giornalista di La7 Valentina Petrini, hanno alzato l’urlo «Taranto» ricevendo la pronta e pervicace risposta del pubblico «Libera!», questo è stato il leitmotiv di una giornata dedicata, oltre che allo svago, alla lotta e all’impegno civile.

Anche l’intrattenimento musicale ha confermato le alte aspettative e il coinvolgimento è stato assicurato con le performance di artisti del calibro di Mannarino, Subsonica, Brunori Sas, Francesco Baccini e del grande atteso Caparezza che con la sua carica tutta pugliese ha scatenato la “furia salterina” del pubblico.

Un ulteriore messaggio positivo è stato veicolato dalla disponibilità mostrata dalle band e dai cantanti a partecipare con la propria musica al concerto senza la minima retribuzione, indice di un desiderio di esserci e partecipare al di là di ogni condizione.

Ha svelato Mannarino: «L’importante per me è vivere la musica proprio come un impegno, ponendosi sempre la domanda “Quanto vale una vita umana?” Da questo quesito si deve partire per arrivare ad un’idea di vita umana diversa da quella fittizia che spesso il sistema ci propina. Il mio contributo consiste nella mia musica e nelle mie parole. Questa è la nostra forza, la forza dei movimenti non violenti che usano il pensiero, la fantasia, l’arte e la poesia».

E ancora Roy Paci, direttore artistico dell’evento insieme all’attore Michele Riondino: «il Primo maggio non è una vetrina per gli artisti, ma è un palcoscenico dove i musicisti con il cuore si esibiscono gratuitamente dando importanza ai contenuti».

E così tra una canzone del cuore e l’altra, tra un urlo liberatorio e una denuncia sociale si è scritta la storia della terza edizione del concerto del Primo maggio tarantino, un sano esempio di aggregazione, speranza e voglia di riscatto per una città meravigliosa, ma in difficoltà, che si trova ad essere specchio di quanto, troppo spesso, accade nel nostro «Bel paese».

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