Di Floriana Palestini

DIOCESI – “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” Con queste parole del vangelo di Matteo (cap. 25, 35-40) si può riassumere l’opera delle suore del Piccolo Fiore di Betania in Caritas, parole che ha ricordato il vescovo Carlo, nel luglio dell’anno scorso, durante la celebrazione per il trasferimento delle suore del Piccolo Fiore presso la struttura stessa. Abbiamo incontrato suor Vittoria, impegnata in Caritas insieme a suor Smitha, per saperne di più sulla loro vita e sul prezioso servizio
che svolgono nella nostra diocesi.

Suora VittoriaSuor Vittoria, quando è arrivata a San Benedetto?
Io, suor Smitha e suor Tarcisia siamo a San Benedetto dal 2013: nel mese di dicembre siamo arrivate a Santa Gemma, ma insieme al vescovo Carlo abbiamo deciso che era più opportuno metterci a disposizione presso la Caritas, dove siamo dal giugno 2014. Il nostro stesso fondatore, mons. Raimondo Francesco Camillo Mascarenhas, aveva il desiderio di lavorare con tutte le persone, specialmente i poveri o quanti si trovano in situazioni di emergenza. Noi del Piccolo Fiore di Betania seguiamo l’esempio della beata Vergine Maria come serva di Dio nella fede, lo zelo missionario di santa Teresa del Bambin Gesù e cerchiamo di essere veri discepoli come lo furono Marta, Maria e Lazzaro di Betania. Divenendo serve di Dio, trasmettiamo l’amore compassionevole di Gesù al nostro servizio ai poveri ed emarginati, seguendo le orme di santa Teresa del Bambin Gesù e ripetendo il nostro motto: “Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la Tua Parola”.

Di cosa vi occupate in questa struttura?
Noi aiutiamo in mensa insieme a dei volontari, serviamo il cibo e stiamo in cucina fino alla fine del pranzo, l’unico pasto che offriamo, se si esclude la colazione. Io e suor Smitha ci occupiamo anche dei vestiti e di controllare le docce, mentre un’altra sorella distribuisce i viveri. Siamo contente di rispondere pienamente al nostro carisma, che è quello di lavorare con i poveri. Oltre a persone con gravi difficoltà economiche, bussano alla nostra porta anche drogati, ubriachi. Cerchiamo di parlare con loro, ascoltarli, dare loro cose urgenti come i vestiti o il cibo. Molte persone che vengono qui non hanno nemmeno una casa e questa è una “casa aperta”, dove possono trovare (quasi) tutto ciò di cui hanno bisogno. Molti gestori di alimentari e supermercati ci regalano i viveri: grazie a loro facciamo poca spesa perché ci arrivano tante buone cose e possiamo mantenere tutti quelli che vengono a chiederci qualcosa. Dal punto di vista spirituale abbiamo l’appuntamento fisso del giovedì, con la S. Messa. Noi consacrate cerchiamo di coinvolgere chi viene in Caritas a partecipare alla messa, parlando con le persone, ascoltandole, e soprattutto testimoniamo con la nostra stessa vita l’amore di Dio per gli ultimi della società. Non è sempre facile parlare con le persone, perché può capitare qualcuno all’apparenza violento o irascibile, ma che si calma con qualche parola di conforto.

In genere di quante persone vi occupate alla mensa? Sono sempre le stesse o vedete anche qualche faccia nuova?
Per la mensa tornano quasi sempre le stesse persone. Ogni 15 giorni distribuiamo i viveri, mentre alla distribuzione dei vestiti ci sono sempre molte persone. Alla mensa, inoltre, siamo arrivati a circa quaranta persone, molte di più rispetto ai mesi scorsi. C’è molto lavoro lì perché ognuno ha esigenze particolari: dobbiamo stare attenti alle allergie ma anche alla religione (ad esempio i musulmani). Per fortuna abbiamo diversi volontari ogni giorno in cucina che ci danno una grossa mano, sia ad organizzare il cibo che a distribuirlo.

C’è un avvenimento che ricorda con affetto, legato a qualcuno della mensa?
Sì, qualche settimana fa è stato il compleanno di un signore che viene spesso a mangiare da noi. In ufficio abbiamo un elenco di chi frequenta la mensa con nomi e date di nascita ed era arrivato il giorno del compleanno di un nostro amico. Senza che lui sapesse niente, gli abbiamo cucinato i suoi piatti preferiti e cantato “Tanti auguri”. È stato bellissimo e gratificante vedere la felicità e il sorriso che hanno conquistato il volto di quell’uomo quando è arrivata sul tavolo una piccola torta che gli avevamo preparato. Trattenendo le lacrime ci ha ringraziato e ha confessato che nessuno si era mai ricordato del suo compleanno e che eravamo riusciti a farlo sentire importante e amato. Credo che il nostro scopo qui sia proprio questo: cerchiamo di dare la speranza a queste persone. Ci impegniamo ad essere per loro la luce, a portare un po’ di gioia e amore nelle loro vite e far sì che siano meno soli.

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