AlbaniaDi Vincenzo Corrado
Il futuro dell’Albania passa dalla lotta alla corruzione. Negli ultimi giorni, due contributi autorevoli – dall’Unione europea e dalla Chiesa cattolica albanese – hanno ribadito un monito ormai ben noto nel Paese delle aquile: “Bisogna sostenere e promuovere, attraverso processi democratici, la lotta alla corruzione e la creazione di una classe dirigente che sia veramente al servizio del bene di tutti”. E questo vale soprattutto oggi, mentre è in pieno corso il processo di adesione all’Unione europea e ci si prepara alle elezioni amministrative del prossimo 21 giugno.
Sforzo da sostenere e promuovere. La lotta alla corruzione, quindi, è il crocevia obbligato per il Paese. Lo sa bene il governo che, all’inizio del 2015, ha anche creato una piattaforma nazionale (www.stopkorrupsionit.al) per contrastare l’illegalità, chiedendo in questo la collaborazione di tutti i cittadini. Iniziativa lodevole, anche se non basta. Bisogna fare di più per incidere maggiormente su ciò che è diventato un problema etico e culturale. Ed è quanto emerge dall’ultimo report della commissione Affari esteri dell’Europarlamento sulle riforme realizzate in Albania nel 2014 nel quadro del processo di adesione. “Gli eurodeputati – si legge tra l’altro – ribadiscono il loro costante sostegno al processo d’integrazione europea, ma ritengono, in particolare, che si debba ulteriormente sostenere e promuovere la lotta alla corruzione e la creazione di un’amministrazione pubblica professionale e depoliticizzata”. Inoltre, il Paese “dovrebbe fare di più per garantire l’indipendenza, l’efficienza e la responsabilità del sistema giudiziario così come l’autonomia del servizio radiotelevisivo pubblico”. La relazione della Commissione, varata in settimana, verrà votata dal Parlamento europeo durante la prossima plenaria in programma a Strasburgo dal 27 al 30 aprile.
Via i corrotti dalla politica. Se quella dell’Europarlamento può essere vista, dagli albanesi, come una voce che giunge dall’esterno, un’altra voce – dall’interno del Paese – si è levata, in questi giorni, per ribadire gli stessi concetti. È quella dei vescovi cattolici che, in vista delle amministrative del 21 giugno, hanno scritto una lettera per richiamare l’attenzione su “alcune problematiche che chiedono una soluzione prima delle elezioni e su alcune altre che chiedono soluzione dopo di esse”. Nel documento, indirizzato a “tutti gli albanesi di buona volontà”, i vescovi ribadiscono l’urgenza per le forze politiche di “dimostrare una volontà irreversibile per la decriminalizzazione della politica”. La prossima tornata elettorale, sostengono i presuli, è “un’occasione opportuna perché i partiti politici dimostrino apertamente la loro volontà” in questo senso. Da qui l’invito a “distaccarsi dai candidati corrotti, che hanno comprato i voti con soldi o in altre maniere, che hanno corrotto altri o hanno favorito durante i loro mandati l’appropriazione di fondi pubblici in modo disonesto”. Come già in passato, i vescovi condannano e fanno appello a che “non si verifichi più la compravendita dei voti”: questa è “un’offesa contro Dio e contro una sana morale umana e religiosa”.
Un appello alle coscienze. Non solo… Scendendo nel concreto, i vescovi chiedono ai soggetti politici e ai candidati di “avere davanti agli occhi il bene di tutte le persone”, quando stilano programmi e presentano piattaforme politiche. Per i presuli “dev’essere promosso il principio di sussidiarietà perché si creino le basi e le condizioni di sviluppo e di auto-sostegno con dignità delle famiglie albanesi”. Un pensiero, poi, ai giovani che “devono essere incoraggiati a non abbandonare il Paese e a mettersi al suo servizio. Anche in questo caso garantire la possibilità di studiare e di lavorare diventano strumenti efficaci perché i giovani continuino a vivere in Albania”. L’appello dei vescovi a tutti i “cittadini albanesi, cristiani e non”, è “prendere parte al voto con cultura e dignità”: “Non possiamo essere indifferenti al voto. Se non votiamo oggi, non possiamo chiedere conto domani. Il voto è un obbligo morale indipendentemente dalla scelta che si fa”. Allo stesso tempo, concludono, “facciamo appello alle coscienze dei cittadini: se i candidati sono conosciuti per il loro passato criminale e corruttivo, non votateli. Anche l’astensione o il voto bianco è un’opzione. Se nessuno dei candidati incarna i criteri per essere eletto, allora l’astensione diventa un obbligo morale”. Parole forti che scuotono e interrogano: il bene comune, lo sviluppo integrale della persona, della famiglia e della società non possono essere disattesi. È su questi pilastri che si gioca il futuro democratico del Paese. Ed è anche questo il miglior rimedio alla corruzione.

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