Papa MattarellaGROTTAMMARE – E così Mattarella ha donato a Papa Francesco un’opera del nostro conterraneo Pericle Fazzini… Ne siamo orgogliosi…

Ma chi è questo illustre “sconosciuto” o meglio poco conosciuto, nato a Grottammare nel 1913?
Aldilà di una banale biografia, scaricabile da internet in 2 minuti, vogliamo raccontare di Fazzini ciò che è sconosciuto, che i più non sanno o che non finirà mai sui libri commemorativi di Storia dell’Arte, ciò che faceva parte della sua infanzia, attraverso i racconti di chi lo vide bambino e quando lo ricordo’ infine “importante”, diventare professore all’Accademia di Belle Arti di Roma e poi tra i più rappresentativi scultori del ‘900 in Italia, fra le due Guerre. Di Pericle, oggi famoso a livello internazionale, ricordiamo l’opera “summa”, cioè la “Resurrezione”, che fa bella mostra di se’ nell’aula Paolo VI in Vaticano ( anche detta sala Nervi dal nome del suo costruttore). Ma gli esordi furono molto umili. Vittorì, il padre, umile falegname scultore, aveva la sua bottega in Via XX Settembre a Grottammare, annessa ad una bella e grande casa e ad un ampio giardino. La moglie, donna schiva e gentile, non si riprese mai, forse, dalla perdita di una figliola, in tempo di guerra, morta a causa di una malattia circolante all’epoca. Il padre, per ricordare la figlia , ne fece una magnifica scultura lignea e con gesto umanissimo e pietoso, tagliò sul letto di morte la lunga treccia bionda della figliola morta e sapientemente, l’incollò sul capo della statua. Quella statua la ricordiamo, in fondo all’entrata della casa di Vittorino Fazzini. E Pericle, ormai anziano, nel ricordare questo tristissimo lutto giovanile della sua famiglia, ancora si riempiva gli occhi di lacrime e ammutoliva.

Vittorino era dunque anche un’abile scultore, ma per portare avanti la numerosa famiglia, faceva il falegname, riparava barche, creava mobili, culle, letti, è suo il sedile a tre posti in legno di rosa sull’altare della chiesa di San Pio V, come pure l’elegante pulpito intarsiato e il coro, ormai bisognoso di restauro, ma ancora funzionale. Tutti i Fazzini erano abili a scolpire “avevano le mani d’oro”, diceva la gente, come pure operosa e gentile, molto devota era la sorella vivente, che non si sposò mai. Un giorno passò il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma, il prof. Mario Rivosecchi, sempre elegante con la sua paglietta e l’abito coloniale, accanto alla sua alta e signorile moglie, sempre vestita elegantemente di nero, anche d’estate. La coppia, con figli, trascorreva le sue vacanze a Grottammare, quando la cittadina era rinomata ed elegante per la villeggiatura, prima di diventare sede del turismo di massa che è oggi. Poche famiglie e signorili, la frequentavano, abitavano nelle numerose ville Liberty di fronte alla spiaggia. Rivosecchi notò la bravura di Pericle adolescente, che si dilettava a scolpire sia col legno, che con la creta animaletti e li distribuiva a tutti i bambini del vicinato, che lo corteggiavano per questo. Ne intuì subito il talento e invitò il padre a farlo studiare, ma con la miseria dignitosa di quei tempi, i genitori non potevano garantire gli studi ai figli, anzi, necessitavano le loro braccia come aiuto, in casa. Dopo una lunga insistenza, il prof. Rivosecchi, che insegnava Storia dell’Arte all’Accademia di Roma, decise di portarsi Pericle e i primi tempi, addirittura lo ospitò, poi lo sostenne in vari modi, come un vero mecenate, ciononostante la povertà e le difficoltà economiche dei primi anni di studi di Fazzini sono note, scritte di suo pugno, nelle sue autobiografie. Si mantenne anche grazie a vari concorsi di scultura vinti durante il fascismo, o indetti dalla Chiesa, vincendo modeste borse di studio, che gli consentirono di vivacchiare o meglio: sopravvivere, nei pensionati studenteschi. La sua bella e giovane fidanzata scultrice e poetessa, che poi diventerà sua moglie e la sua musa ispiratrice, Anita Buy, raccontava che spesso gli portava da mangiare qualche cosa del suo pasto nel pensionato, perché sovente Pericle digiunava per giorni interi. Nel 1934 espone a Parigi il Ritratto di Anita che viene acquistato dal Museo Jeu de Paume. Nello stesso anno, partecipa alla II Quadriennale di Roma ottenendo un premio per gli altorilievi Danza e Tempesta. Espone di nuovo con successo a Parigi e Roma e nel 1938 e finalmente, apre un suo studio in Via Margutta, dove resterà per tutta la vita. Partecipa alla Biennale di Venezia con diverse sculture (Ritratto di Ungaretti, Giovane che declama, Giovane che ascolta). Nel 1947 vince il Premio Torino con l’opera Anita in piedi e partecipa alla mostra del Fronte Nuovo per le Arti, con Emilio Vedova, Renato Guttuso. Tornato a Roma nel 1943, scolpisce il Ragazzo con i gabbiani; Ispirato al clima bellico è invece Il fucilato. Nel 1949 vince il Premio Saint Vincent con l’opera Sibilla.

Nel 1951 tiene la sua prima antologica alla Fondazione Premi Roma; Nel 1952 espone a New York; Torna alla Biennale di Venezia nel 1954, vincendo il primo premio per la scultura. Nel 1955 inizia ad insegnare all’Accademia di Firenze, mentre dal 1958 fino al 1980, insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma. Tra la fine degli anni cinquanta e gli anni sessanta lavora a progetti monumentali imponenti non sempre realizzati: portale della chiesa di San Giovanni Battista; Fontana per il Palazzo dell’ENI a Roma, Monumento per la Resistenza ad Ancona, Monumento a Kennedy (mai realizzato; il bozzetto è a Grottammare, nella piazza che porta il nome dell’artista). Fino a giungere , saltando molte vittorie e successi, al 1970-1975, con l’opera summa “Resurrezione”. Anche lì ci sono molti aneddoti che conoscono solo coloro che, per vari motivi, avevano amicizia, contatti e frequentavano lo scultore, ma per non allungare troppo l’articolo , ci fermiamo qui, sperando di aver svolto un doveroso servizio a Pericle Fazzini, che Grottammare, ha si ricordato varie volte in vari modi, ma mai abbastanza e senz’altro dovrebbe riscoprirlo e valorizzarlo maggiormente.

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4 commenti

  • Mariucci Giuseppe
    20/04/2015 alle 12:03

    Voglio raccontare anche io un aneddoto su Pericle Fazzini. Tra i suoi allievi più in gamba e più stimato da lui, c'era il nostro compaesano montelparese GIOVANNI BEATO (pittore, scultore ed insegnante all'Accademia di Belle Arti di Macerata). Giovanni collaborò moltissimo con Fazzini fino dai tempi della Resurrezione nell'allora sala Nervi inaugurata da Papa Paolo VI (da cui poi prese il nome). Il nostro Giovanni lavorò con lui anche per la realizzazione del monumento a Papa Sisto V° che si può ammirare a Montalto Marche poco fuori della basilica sulla strada che porta a Patrignone. Ed il luogo in cui si fece il calco in polistirolo era ubicato proprio a Montelparo all'interno della chiesa di Santa Maria Novella. Proprio qui ebbi modo di conoscere Pericle Fazzini e di apprezzarlo come artista ma soprattutto come uomo!

    • Susanna Faviani, autrice
      20/04/2015 alle 12:20

      Carissimo Giuseppe, il Prof. BEATO è stato anche il mio esimio professore al biennio specialistico all'accademia di Belle arti di Macerata. Bellissimo il tuo aneddoto e grande il prof. BEATO, con la sua discreta e silenziosa, modestissima persona, gentile e competente., senza mai farlo pesare agli altri. Grazie per il tuo ricordo prezioso. Saluti!

      • Mariucci Giuseppe
        20/04/2015 alle 15:05

        Mi fa piacere di averti suscitato ricordi, carissima Susanna! Giovanni era proprio quel signore che hai descritto così bene tu: ed io lo conosco bene in quanto quasi coetanei e soprattutto stretti da parentela!

  • Susanna Faviani, autrice
    20/04/2015 alle 18:15

    Si ricordo Giovanni Beato in via Margutta, nello studio di Fazzini, quando vi andavo con mio padre, era un ragazzo timido e silenzioso, ma determinato e molto competente . Il professor Fazzini o stimava tanto e lo aveva scelto come suo stretto collaboratore!

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