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di Luigi Crimella
Il caso del soffitto di un’aula della scuola elementare “Pessina” di Ostuni (Brindisi), caduto lo scorso 13 aprile sulla testa di una quindicina di piccoli scolari della seconda classe, con due feriti piuttosto seri e la maestra che si è infortunata (rottura del malleolo) mentre li soccorreva, è abbastanza “clamoroso” per non essere annoverato tra quelli da mettere presto nel dimenticatoio. Il primo motivo per rifletterci è il grave pericolo corso in questo – come in diversi altri eventi analoghi – da bambini inermi che, d’improvviso, si vedono piombare sul capo lastroni di gesso e intonaco spessi fino a due-tre centimetri e dalle dimensioni rilevanti. A Ostuni hanno calcolato che si è staccato un pezzo unico di 5 metri quadrati, una specie di “bomba a grappolo” da cui, anche volendo, è impossibile scappare tanto è ampia la superficie in caduta. Il secondo motivo per cui parlarne è il dato che maggiormente ha sconvolto bambini, personale scolastico e genitori interessati, e poi l’opinione pubblica del Paese: quella scuola era appena stata ristrutturata, con lavori durati dal 2010 al 2014, e inaugurata il 7 gennaio, tre mesi fa. La domanda che tutti si sono posti è stata: come è possibile che crolli un soffitto di tali dimensioni in un edificio scolastico appena rimesso a nuovo?

Le cronache recenti non sono confortanti. L’evento più drammatico che a tutti torna alla mente è il crollo della scuola “Francesco Jovine” di San Giuliano di Puglia (31 ottobre 2002, a seguito del terremoto che colpì il Molise), quando morirono 27 bambini e una maestra, e 35 rimasero feriti, alcuni con lesioni permanenti. In quel caso il terremoto fu la concausa scatenante del crollo, derivante da lavori di sopraelevazione forse non eseguiti a regola d’arte. Ma venendo agli anni più recenti, possiamo richiamare altri eventi: il liceo scientifico “Darwin” di Rivoli (Piemonte) dove il 22 novembre 2008 crollò un’ampia porzione di soffitto, colpendo 18 studenti. Risultato: morì Vito Scafidi (17 anni) e altri 17 compagni rimasero feriti, alcuni gravemente. Si passa al 19 gennaio 2013, con il crollo a Casatenovo (Lecco) in una scuola elementare: anche qui 3 piccoli di 6 anni rimasero feriti. Altro caso il 29 novembre 2013, a Cagliari nel liceo “Dettori”. In questo evento si staccarono “solo” due metri quadri di soffitto e, quindi, i feriti furono solo tre, lievi. Infine, l’8 gennaio 2015 a Sesto San Giovanni (Milano), dove a crollare è stato un soffitto della materna “Vittorino da Feltre”: feriti sette bambini, in forma lieve. Bisogna quindi procedere spediti nell’anagrafe degli edifici scolastici e negli interventi di ripristino (in parte avviati). Oltre il 65% delle scuole italiane sono state costruite prima del 1975 e nel tempo non tutte, purtroppo, hanno subito gli adeguamenti strutturali e di sicurezza dovuti. Le nostre 42mila scuole sono frequentate ogni giorno da 9 milioni di persone, tra studenti, insegnanti e personale amministrativo. Considerato che l’Italia è tra i Paesi più esposti ai terremoti, s’impone una rivisitazione complessiva del patrimonio edilizio scolastico, partendo proprio dagli edifici più vecchi e da quelli che si trovano in zone considerate sismiche, vale a dire quasi 20mila sul totale di 42mila (di cui 3mila ad “alto rischio sismico”). Anche sull’agibilità, i sistemi di sicurezza e fuga, l’adeguatezza delle strutture igienico-sanitarie e la prevenzione incendi ci sarebbe molto da fare. Si tratta di adempimenti – come subito hanno obiettato fonti governative dopo il caso di Ostuni – che competono a Comuni e Province, sui quali non si può transigere. Le relative certificazioni non sarebbero presenti o sarebbero incomplete in oltre un terzo delle scuole italiane.Il Governo sembra intenzionato ad accelerare sul piano “La Buona Scuola”. Si comincerà dall’“anagrafe scolastica” procedendo poi con gli investimenti per costruzioni, ristrutturazioni e adattamenti. Le risorse verranno dai mutui della Bei (Banca europea degli investimenti), da quote dell’8×1000 e da fondi della Protezione Civile, oltre che da stanziamenti statali diretti. Entro il 2016 si stimano più di 17mila interventi, con assegnazioni per l’anno in corso così messe a bilancio: 130 milioni per le “scuole belle” (piccole manutenzioni); 550 milioni per le “scuole sicure” per 2.328 interventi, oltre a 1.226 interventi per l’agibilità. In 454 Comuni saranno eseguiti interventi per “scuole nuove” con fondi di 340 milioni da sblocco del “Patto di stabilità” e 380 milioni da fondi Pon (Unione europea). Infine, quasi un miliardo verrà da mutui trentennali della Bei, come già ricordato. Quando tutto l’intervento per “La Buona Scuola” sarà a regime, il Governo stima un intervento complessivo per 3,9 miliardi di euro.

 

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