Vescovo e Diaconi

Di Sara De Simplicio

In occasione del suo 64° compleanno (11 Aprile) abbiamo incontrato, nel suo studio pieno di libri e di piante, Don Elvezio Di Matteo, parroco di Santa Maria in Montesanto, S.Angelo di Ripe di Civitella del Tronto (Te) e di Santa Maria della Misericordia in Faraone.
Oggi vive qui, nella casa parrocchiale di fianco a piazza San Felice di Faraone ma le sue origini appartengono alle strade di Piano Risteccio, frazione di Civitella del Tronto. Attualmente è anche incaricato per il diaconato permanente e membro del CDAE (Consiglio degli affari economici della diocesi).

Don Elvezio raccontaci il passaggio da ragazzo a sacerdote.
Ricordo come fosse ieri quel giorno: ho deciso di chiedere di entrare in seminario la sera del 7 dicembre 1964 durante la funzione della novena dell’Immacolata che si faceva a Ripe. Avevo solo 13 anni ma fisicamente ero già un giovanotto: il giorno dopo la novena chiesi subito a mia madre di comunicare la mia decisione a Don Guido Cimini.
Ho atteso di finire la scuola media, poi sono entrato in seminario a Ripatransone e, infine, sono divenuto sacerdote il 2 agosto del 1975.

Qual è il ricordo più bello della tua gioventù?
Ho vissuto con grande gioia la mia ordinazione diaconale che è avvenuta il 7 dicembre 1974, precisamente dieci anni dopo… nella stessa chiesa dove avevo deciso che sarei divenuto sacerdote. Ho avuto una grande esperienza di gioia quel giorno, una grande partecipazione dal punto di vista emotivo perché segnava già per me una scelta definitiva. Di quel giorno ricordo anche degli aneddoti “strani”: non solo avevo perso dei parenti qualche giorno prima, non solo mia madre aveva la febbre a 40, ma durante la preparazione della cena nella casa parrocchiale di Ripe, quella sera un cane si intrufolò nel salone e si mangiò tutti gli antipasti. Nonostante tutto, però, fui molto contento.

Cosa sognavi da piccolo? I tuoi genitori furono contenti della tua scelta?
Da piccolo sarei voluto diventare monaco ma evidentemente un’altra strada era già pronta per me. Mio padre non ha potuto ricordare la mia ordinazione, dato che è morto quindici giorni prima che io entrassi in seminario. Mia madre invece ha potuto partecipare e mi ha accompagnato per un lungo periodo dato che è morta a 95 anni e 7 mesi.

C’è qualche santo a cui ti senti particolarmente legato?
Mi piacciono molto le coincidenze delle date quindi il mio pensiero va a San Leone Magno, Papa e Dottore della Chiesa, che prima veniva festeggiato l’11 aprile; poi a Santo Stanislao, martire, vescovo e santo polacco ricordato sempre l’11 aprile  e infine, ma non meno importante, San Camillo de Lellis, a cui sono devoto dal 1992, cioè da quando mia madre si ammalò e temetti per la sua vita.

Facendo un bilancio degli anni trascorsi, quale insegnamento daresti sul senso della vita?
Che la vita va apprezzata, sempre e comunque: non è di nostra proprietà ma è un dono prezioso che Dio ci ha fatto e che poi dobbiamo riconsegnargli. Bisogna dunque valorizzarla, insieme alle cose semplici, portando frutti e seminando il bene dato che noi siamo semplicemente degli “usufruttuari”.

Che consiglio ti senti di dare a chi in questo periodo vive delle difficoltà economiche?
Vorrei dire loro che si può vivere anche serenamente nella povertà. Certo, è impossibile gioirne ma bisogna  saper accettare i momenti difficili, senza però rassegnarsi e cercando, sempre nei limiti del possibile, di migliorare la propria vita. Il segreto sta nell’abituarsi a vivere anche con poco: non è la ricchezza ciò che conta davvero, ne ciò che rende felici.

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1 commento

  • GAETANO FARANCA
    02/07/2015 alle 07:34

    Elvezio, maestro di vita... L'articolo e'una parte della tua personalita',tutti sanno le difficolta'che hai incontrato e che vivi tutt'ora ma la tua tranquillita'nel tollerare anche le umiliazioni e'il nostro esempio di Vita.

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