martiriDi Maria Chiara Biagioni

Cento anni fa, il Genocidio armeno, il Metz Yeghern, il “Grande Male”. È stato il primo evento nella storia umana perpetrato da un governo col fine di eliminare per intero e per sempre una etnia specifica, segnando nel XX secolo la ripresa delle grandi persecuzioni contro i cristiani dai tempi dei primi martiri. Simbolicamente il 24 aprile è considerato come data di commemorazione del Genocidio armeno del 1915, ma in realtà i massacri della popolazione armena in Turchia sono cominciati nel 1894 e sono continuati fino al 1923. Solo durante il periodo 1914-1915 sono stati massacrati quasi due milioni di armeni. “Migliaia di monasteri, chiese e scuole sono state distrutte – racconta padre Tovma Khachatryan, vicario generale del delegato pontificio della Chiesa armena apostolica dell’Europa occidentale – migliaia di sacerdoti, intellettuali, donne, bambini, anziani sono stati sterminati. Tutte queste persone erano cristiane e hanno accettato il martirio pur di non perdere la loro fede e identità”. La Chiesa armena li proclamerà Santi il 23 aprile prossimo a termine di una solenne cerimonia che avrà luogo nella Santa Sede di Etchmiazin.

Quale importanza ha per voi la “memoria”?
“Lo slogan del Centenario è ‘Ricordo ed Esigo!’. Ricordare ed esigere significa non solo tener viva la memoria di ciò che è stato fatto, ma anche condannare, giudicare ed esigere il riconoscimento del Genocidio armeno. Questo per contribuire affinché altri genocidi di ieri, di oggi e del futuro non possano accadere”.

Quest’anno Papa Francesco celebrerà domenica 12 aprile una Santa Messa in Vaticano in occasione del centenario del Metz Yeghern. Che significato ha per gli armeni il “ricordo” del Papa?
“Vorrei a nome delle comunità armene in Italia ringraziare Papa Francesco per questa iniziativa molto incoraggiante per gli armeni e soprattutto per i figli dei sopravvissuti al Genocidio. Il riconoscimento da parte del Papa della testimonianza di fede dei nostri padri che hanno accettato il martirio pur potendosi salvare attraverso la conversione all’islam, è un segno particolarmente significativo. Per la Santa Messa di Papa Francesco nella Basilica di San Pietro ci sarà il Catholicos di tutti gli armeni S.S. Karekin II con gli arcivescovi e con i vescovi della Chiesa armena. Sara presente il presidente dell’Armenia, Serge Sarkisyan, i rappresentanti delle autorità armene, i rappresentanti delle comunità e benefattori armeni da tutto il mondo. Penso che il livello di partecipazione da tutte e due le parti indichi chiaramente il senso dell’importanza dell’evento. In ogni angolo di Roma in questi giorni si può sentire parlare in armeno. Sono i figli dei sopravvissuti che sono venuti per ricevere la benedizione di Papa Francesco e unirsi nella preghiera con la Chiesa Cattolica e con il popolo italiano. Una preghiera che viene fatta in suffragio dei nostri nonni e padri martirizzati durante il Genocidio. Penso tutto questo sia molto importante dal punto di vista umano, fraterno, cristiano ed ecumenico”.

Il Papa e il Catholicos insieme possono essere oggi segno di un dialogo che si fonda su un ecumenismo del sangue?
“Certo e penso che devono farlo come guide di due Chiese cristiane importanti. Quando in Siria o in Iraq massacrano un cristiano non chiedono se è cattolico o armeno apostolico. I martiri testimoniano innanzitutto Cristo, non l’appartenenza all’una o all’altra parrocchia, e ci viene misteriosamente offerto come compartecipazione al sacrificio del Signore. Interventi comuni fanno vedere l’unità della Chiesa nella sofferenza dei fedeli e dei popoli cristiani”.

I genocidi purtroppo non sono finiti. Qual è il messaggio oggi che il popolo armeno vuole dare al mondo?
“Purtroppo questa è una affermazione vera e dolorosa. I cristiani oggi sono il gruppo più perseguitato nel mondo. I dati sono terrificanti e si parla di oltre 150.000 cristiani perseguitati e uccisi ogni anno dall’inizio del secolo. Il nostro popolo che ha subito un genocidio, sa benissimo cosa significa essere violentato e ucciso a causa della religione e della nazionalità. Secondo noi la ferma condanna del Genocidio armeno e degli altri genocidi da parte degli Stati e delle grandi organizzazioni è l’inizio della prevenzione di altri genocidi. Noi vogliamo che la comunità internazionale aiuti innanzitutto il governo turco perché possa confrontarsi con la storia, perché smetta di negare il Genocidio degli armeni e perché abbia la forza di chiedere perdono e riparare i danni inflitti, come hanno fatto i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale. Sappiamo anche che la nostra identità si fonda sulla nostra fede, e questa è la nostra forza. Gli armeni hanno ricostruito le loro comunità nel mondo dopo il genocidio e hanno continuato a contribuire ai valori di umanità dell’Occidente”.

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