FirenzeDi Don Gianni Croci

“Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: «Siate misericordiosi come il Padre” (Papa Francesco, Omelia 13.3.2015).

A sorpresa papa Francesco ci ha regalato un particolare anno di grazia per poter fare  una più intensa esperienza della Misericordia di Dio che si è manifestata in Gesù.

É un ulteriore invito a camminare più spediti e lieti nella via della conversione del cuore e della vita a livello personale ed ecclesiale.

Ed allora può essere d’aiuto il cammino di preparazione al Convegno ecclesiale che abbiamo iniziato nel tempo quaresimale e continueremo nei prossimi mesi.

Spesso questi convegni di metà decennio rischiando di ridursi  ad una bella esperienza di incontro e confronto. Non può bastare però la bellezza del convenire. Ecco perché, ci viene proposta una preparazione secondo il metodo sinodale, vissuto con franchezza e spirito di comunione, con l’obiettivo, indicatoci nell’Esortazione Evangelium Gaudium, di trovare “vie nuove al cammino della Chiesa nei prossimi anni” ( n. 1)

A tal proposito è interessante un passaggio del discorso con cui lo scorso maggio Papa Francesco si è rivolto all’assemblea generale della CEI: “Le difficili situazioni vissute da tanti nostri contemporanei, vi trovino attenti e partecipi, pronti a ridiscutere un modello di sviluppo che sfrutta il creato, sacrifica le persone sull’altare del profitto e crea nuove forme di emarginazione e di esclusione. Il bisogno di un nuovo umanesimo è gridato da una società priva di speranza, scossa in tante sue certezze fondamentali, impoverita da una crisi che, più che economica, è culturale, morale e spirituale”.

E’ chiaro che  lo scopo del convegno ecclesiale è quello di fare il punto sul cammino di fedeltà al rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II e aprire nuove strade all’annuncio del Vangelo, possibilità di vita nuova per l’uomo.

In questo cammino ci è d’aiuto la lettera ai Corinzi in cui traspare come, non solo per l’Apostolo Paolo, ma anche per la comunità cristiana di Corinto, l’incontro con Gesù Cristo diventa l’esperienza decisiva, l’evento trasformante che rigenera tutta la vita personale e comunitaria.

Il compito che ci attende come Chiesa è l’esercizio del discernimento comunitario, che non si ferma sul piano delle idee né su un modello storico da riproporre, ma nel cercare di cogliere e comprendere la realtà e trasformarla a partire dal vangelo.

Si tratta in fondo di fare una verifica sulla bontà della strada che stiamo percorrendo per essere sempre di più una Chiesa in ‘uscita’, capace di annunciare e mostrare quel Dio ricco di misericordia che ci è stato rivelato in Gesù.

A nessuno sfugge la necessità di una riforma, di una conversione che non riguarda soltanto le strutture, ma richiede una terapia che arrivi a lavorare in profondità sugli atteggiamenti interiori del singolo come della comunità.

La Chiesa italiana nella Traccia per il cammino verso il Convegno Ecclesiale Nazionale ha individuato una terapia in cinque verbi già presenti nella trama della Evagelium Gaudium: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Così le sintetizza Mons. Gianni Ambrosi, vice presidente del comitato preparatorio:

Uscire: si tratta di superare l’inerzia e la ripetitività, anche in vista di alleggerire il nostro bagaglio per procedere in modo meno impacciato, per ascoltare lo smarrimento della gente e per portare alla luce i tanti segni di buona umanità che pure sono presenti.

Annunciare: è il verbo tipicamente evangelico che la Chiesa ha saputo coniugare scandendo nel corso dei millenni i passi della missione ricevuta da Gesù Cristo. Oggi l’annuncio deve essere più missionario e deve tenere presente il fatto che viviamo in un contesto plurale per le espressioni religiose e culturali.

Abitare: dice la prossimità della Chiesa al territorio, alla città, alla gente, attestata dalle straordinarie opere educative, caritative, assistenziali, artistiche. Ma le trasformazioni sociali e culturali diffondono visioni riduttive dell’umano e stili di vita che ignorano il bene comune, con un impoverimento spirituale e morale che interpella il contributo di ispirazione, di testimonianza e di azione della Chiesa.

Educare: il venir meno della passione educativa e l’emergere della questione antropologica coinvolgono tutta la vita umana, dal generare al rapporto tra le generazioni, dalla configurazione della famiglia al riconoscimento della differenza sessuale. Sono la grande sfida odierna. Il primato della relazione, il ricupero del ruolo fondamentale della coscienza e dell’interiorità nella costruzione dell’identità della persona, la necessità di ripensare i percorsi pedagogici sono le condizioni per la crescita umana, civile ed ecclesiale.

Trasfigurare: la luce di Cristo risorto dona lo sguardo nuovo e originale sulla vita umana, sulle relazioni, sul cammino dell’uomo. Nella preghiera, nell’ascolto orante della Parola, nei santi misteri celebrati, nella carità risplende il volto di Cristo e nella sua luce viene illuminato il volto dell’uomo e viene valorizzata e alimentata la qualità della vita. L’importante via del trasfigurare attraversa ogni realtà umana per dischiuderla alla buona umanità e incamminarla verso quel compimento che è la pienezza della vita definitivamente nuova.

La Consulta laicale e alcune comunità di consacrati ci offriranno nel tempo Pasquale un sussidio come semplice strumento per preparare nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nelle realtà ecclesiali il contributo della nostra diocesi che verrà consegnato al Vescovo nella Veglia di Pentecoste.

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