di Sara De Simplicio

CIVITELLA DEL TRONTO – Ieri sera, venerdì 27 marzo, presso la chiesa parrocchiale di Villa Lempa di Civitella del Tronto, si è tenuta la ventitreesima veglia diocesana in commemorazione dei martiri cristiani missionari dell’anno precedente.

Alla cerimonia, oltre ai sacerdoti della Vicaria, anche Don Nicola Spinozzi, direttore del centro Missionario Diocesano e il nostro Vescovo S. E. Carlo Bresciani.
I saluti iniziali sono toccati a Don Stefano Iacono, parroco di Villa Lempa, che ricordando il compleanno del Vescovo lo ha ringraziato per la sua “vita” a servizio della nostra comunità, per il suo sì alla nostra diocesi, pur molto lontana dai suoi affetti e dalla sua amata Brescia.
Tante le riflessioni e le rievocazioni di chi ha perso al vita per la fede, come i martiri camerunensi ricordati da Don Florindo, sacerdote originario di Sant’Egidio alla Vibrata ma da tanti anni missionario nella difficile realtà del Camerun, uomini di ieri e di oggi che senza paura hanno deciso di dare la vita in onore di chi gliel’aveva donata.

A seguire, la lettura di alcuni passi del Vangelo e la trasmissione di un video del 6 dicembre scorso di Papa Francesco, rivolto ai cristiani di Mosul profughi a Erbil (Iraq).

Il messaggio chiave dell’appuntamento della veglia di preghiera è stato indubbiamente l’importanza dell’esempio della “martirìa”, la testimonianza della forza della fede che, in fondo, riguarda ognuno di noi poiché una fede muta è una fede a metà, improduttiva, che non semina e che, dunque, non può raccogliere. Noi tutti siamo chiamati a farci testimoni, ogni giorno, di Cristo e del suo misericordioso amore con la nostra stessa vita e con il verbo, strumento principale di comunicazione. Ed oggi, purtroppo , l’antico binomio testimonianza – martirio non è più anacronistico: i cristiani sono tornati sotto l’occhio del ciclone e sono cacciati via soprattutto dal Medio Oriente, con sofferenze e soprusi. Ma la croce è, sempre e solo, un momento di passaggio, difficile, necessario, ma non definitivo. La croce, come la morte stessa, temuta dai più ma non dai coraggiosi missionari martirizzati, diventa la necessaria via che Gesù stesso ci ha insegnato salendo sul patibolo, un “fallimento” della nostra umanità che però sfocia nel ricongiungimento eterno con il Padre.

La croce è l’elemento a cui tutti siamo legati, lo strumento attraverso il quale si compie il progetto di salvezza di ognuno di noi. E solo chi ha conosciuto nel profondo il Signore può amarlo fino a dare la sua vita per Lui, emulando Suo Figlio, come i 26 martiri del 2014 che, senza esitazioni, hanno scelto di stare dalla Sua parte, senza mai rinnegarlo..dato che, sull’eco delle parole del Vescovo, loro hanno capito fino in fondo “dare tutto a Lui è un investimento.. perché Lui non ti toglie niente e ti dà tutto”.

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