Vescovo

DIOCESI – “Non si può educare se non si crede nella vita, al fine di trasmettere una vita vissuta fino in fondo. Ognuno deve fare il proprio gioco, ma tutti abbiamo bisogno delle regole, non solamente il giovane ma anche l’adulto.
La sfida dell’educazione sta nell’educare alla libertà, nell’offrire quindi le motivazioni per cui la nostra libertà viene messa in gioco.
Non esiste una libertà per la quale sia sensato non impegnarsi. Il ragazzo non è solamente un contenitore vuoto da riempire con nozioni, ma un soggetto dotato di libertà, capace di essere, esso stesso, oggetto della propria educazione.
Ma noi come accompagniamo i ragazzi nell’educazione? Come li ascoltiamo?
Nella mia esperienza da educatore, mi sentivo dire dai ragazzi che nessuno li ascoltava; non erano ascoltati dai genitori, dalla scuola, dalle varie agenzie… Se non li ascoltiamo, come li educhiamo? Come possiamo dar loro la dignità?
L’ascolto è il primo passo verso l’educare, che diviene quindi un co-educare; in ogni ragazzo c’è il bene, occorre educarlo alla libertà.
Lasciamoci inoltre educare dai giovani, attraverso una relazione costante. Poiché tutti siamo chiamati a vivere in relazione, occorre che ci concentriamo anche sul tipo di relazione. L’educatore non deve sapere molte cose, perché è la relazione è il primo elemento educativo. Se si vuol veramente bene hai giovani, bisogna entrare con loro in una relazione autentica, fondata anche su qualche no.
È altrettanto importante che tra tutte le agenzie ci sia una relazione, fatta di un’alleanza. Rispetto reciproco nella relazione ed omogeneità servono per l’educazione; collaborazione vuol dire sostenere da parte dei genitori l’azione dell’insegnante… e se, per qualche motivo, dovessero verificarsi divergenze di pensiero tra genitori ed insegnanti, il ragazzo deve esser tenuto fuori dal confronto.
Si deve sostenere l’azione educativa e l’alleanza educativa d’altra parte è il sostenersi reciprocamente.
Nessun educatore può pensarsi autoreferenziale, deve esserci la volontà di mettersi in ascolto e mettere al centro chi deve essere educato, ma per farlo occorre uscire da noi stessi. Co-educare ad essere sé significa rendere il ragazzo se stesso, creativo nella società in cui cresce. All’interno della relazione per un educatore è importante ascoltare, così da creare una relazione più empatica con il ragazzo!
Questa è la sfida della nuova educazione a cui tutti noi siamo chiamati, poiché al centro c’è la libertà. Se saremo in grado di interpretare la vita del ragazzo e di proiettarlo nella società nella quale sarà chiamato ad esprimersi con le sue doti, aiutandolo a sviluppare le sue ricchezze, il risultato sarà positivo. Lo sarà se saremo in grado di garantire la libertà di fondo dei ragazzi che ci sono affidati!”

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