Di Rossella Di Donato

MARTINSICURO – Per aderire ad un ritiro di quaresima il sabato pomeriggio devi organizzare la famiglia,la casa,i compiti da correggere…oppure rimandare tutto a domenica!
E’ faticoso dopo una settimana di lavoro,ma lo fai! A piedi e trafelata (ho riordinato la cucina in tempi record) mi sono presentata all’appuntamento davanti al salone parrocchiale,alle 15:15.

La maggior parte dei partecipanti era già lì.
Con poco entusiasmo cerco un passaggio. Saliamo in auto e partiamo.
Raggiungiamo le Suore Teresiane a Ripatransone e ci sistemiamo in una sala anche poco riscaldata. Non mi sento ben predisposta,sono già stanca, e delusa.
Mi aspettavo di condividere questo pomeriggio con mio marito e mia figlia che,invece,per motivi diversi sono restati a casa.

Mi siedo in fondo e preparo carta e penna. Don Patrizio ci chiede di pregare per lui, perché lo Spirito Santo guidi le sue parole e i suoi pensieri prima che li condivida con noi.
Penso, quasi infastidita, sono venuta per me e devo pregare per lui!
Ma cio’ che mi infastidiva,l’ho capito dopo,nn era dover pregare per don Patrizio (cosa che faccio di frequente tra l’altro), mi infastidiva invece quello che avrei dovuto fare.

Non sapevo cosa avessero preparato i sacerdoti per quel pomeriggio, ma ci sarebbe di certo stato un momento con La Parola. Non avrei voluto: la parola ti legge mentre la leggi, ti induce a riflettere, ti domanda…e la domanda implica una risposta, un’assunzione di responsabilità, cosa da cui fuggivo.

E infatti,eccola: Giovanni 13,1-17. Il sacerdote la enuncia e ce ne fornisce una copia dopo alcune sue riflessioni (quelle per cui abbiamo pregato). Durante l’adorazione siamo invitati a leggerla “…docilmente e con semplicità permetterle di entrare dentro alla tua vita e gusta la Sua presenza amica”. E qui accade tutto.
Rifeltto lentamente e mi soffermo su alcune frasi, le “mastico” .
“Sapete ciò che vi ho fatto?” risuona in me mentre fisso l’ostensorio. No, non so cosa fai e hai fatto, ne tantomeno cosa farai per me; non me ne capacito, troppo grande è il Tuo amore e troppo inconsapevole sono io.Sapermi amato fino a questo punto, a prescindere da ciò che sono o da cio’ che ho fatto, unicamente per quello che sono, mi spiazza, mi disorienta e mi affida una enorme responsabilità “…perché come ho fatto io,facciate anche voi”. Ecco cosa non volevo: assumere questo impegno!

Come ci ha suggerito don Patrizio “…potrei dire che a volte più che lavare i piedi, ho spezzato le gambe…” ed ora mi se ne chiede conto. Io ci devo fare i conti ed andare “oltre” per fare come Te. E torno sulle parole di don Patrizio “Questo e’ il mandato che il Maestro ci lascia, questo e’ il volto che la comunità cristiana deve incarnare….anche noi in ginocchio giu’, senza alzare lo sguardo sopra la caviglia per non distinguere i nemici dagli amici….lo faremo senza far troppo rumore, in silenzio, come ha fatto Gesù quella sera. Lo faremo con passione e umilta’, nelle nostre orecchie risuoneranno ancora le Sue parole e sui nostri piedi sentiremo ancora la stretta delle mani del Rabbi di Nazareth”.

Ecco allora Signore che questo pomeriggio, nato con e a fatica, svogliato, acquista sapore. Il fastidio iniziale si trasforma in bisogno: rileggo la Parola ancora e ancora. La delusione e’ svanita: pensavo di essere sola non avendo la mia famiglia accanto, ma non ho guardato la bella famiglia che e’ la comunità parrocchiale (siamo partiti in quaranta tra adulti e ragazzi): una immensa grazia.

Grazie don Patrizio e don Lucasz, Grazie Signore, ancora una volta mi hai dimostrato il Tuo amore nonostante i miei “piedi sprofondati nell’immobilità e gonfi di egoismi”.

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