Film GesùDIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 22 Marzo.

«Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7).
Una lettura frettolosa o un ascolto distratto di questo versetto della Lettera a gli Ebrei, tratto dalla seconda lettura della quinta domenica di quaresima, rischia di farci bypassare la questione principale posta dal testo: che cosa chiese Gesù a Dio con preghiere, suppliche, forti grida e lacrime?
Se lo leggiamo tenendo presente la scena del Getsemani, come ce la narrano i sinottici, saremo indotti a rispondere che chiese di essere salvato dalla morte; ma, se così fosse, perché c’è scritto che venne esaudito?
Non avvenne forse il contrario, cioè che Gesù fu consegnato, condannato e messo a morte sulla croce? Se diciamo di sì (e non potrebbe essere diversamente), dobbiamo dedurre che Gesù chiese al Padre, che pur poteva salvarlo da morte, proprio di compiere fino alla fine la sua volontà, di fare l’esperienza della passione e della morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Similmente, nel Vangelo, ascolteremo Gesù che dice: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!»; e aggiunge: «Padre, glorifica il tuo nome» (Gv 12,27-28a).
La Parola, che ci è stata data come viatico in questa quaresima, ci introduce oggi nel cuore dalla nostra relazione con Gesù, del nostro essere suoi discepoli: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (12,24); chi vuole seguire Gesù, deve passare da dove Lui, per primo, è passato: il dono di se stesso fino alla morte; è questa l’unica possibilità per vedere Gesù. Ed è una strada, che, sempre in questo Vangelo, è stata “autenticata” proprio dal Padre che, dal cielo, risponde alla preghiera del Figlio: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!» (12,28b). Nessun uomo, neanche Gesù, può andare incontro alla morte senza fare l’esperienza della paura e dell’angoscia, ma il Cristo innalzato sulla croce, pienamente abbandonato al Padre, ci attira dandoci l’unica garanzia di cui l’uomo ha bisogno: la Vita non ha cancellato la morte, ma l’ha attraversata ed è andata oltre, schiudendosi alla luce della Resurrezione; una resurrezione di fecondità, di abbondanza, di comunione e di condivisione: è l’alleanza nuova, di cui ci parla il profeta Geremia nella prima lettura, in cui l’uomo non è più solo, ma condivide con Dio e con i fratelli un legame di amore, di fedeltà, di servizio reciproco, di bellezza, di eternità.
«Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (12,26).

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