San PietroZenit di Salvatore Cernuzio

Portano “guai”, preoccupazioni, a volte anche problemi, eppure che società “triste e grigia” sarebbe senza bambini! Papa Francesco dedica ai piccoli l’ultimo tassello del mosaico sulla famiglia tracciato nelle diverse Udienze generali del mercoledì. Dopo le catechesi sulle figure della vita familiare – madre, padre, figli, fratelli, nonni – il Pontefice riflette oggi con i fedeli in San Pietro sulla bellezza e la gioia che i bambini portano nella vita di ognuno.

Tuttavia nel mondo dell’infanzia ci sono tante luci ma anche altrettante ombre. I bambini sono un “grande dono per l’umanità”, al contempo però sono “i grandi esclusi perché neppure li lasciano nascere”, annota il Pontefice. E annuncia, infatti, che la prossima settimana baserà la sua catechesi proprio su queste “ferite” che “purtroppo fanno male” ai piccoli.

L’aborto sicuramente, ma anche la povertà e lo sfruttamento. Nel pronunciare la sua catechesi, Bergoglio ha davanti agli occhi le immagini dei tanti bambini incontrati durante l’ultimo viaggio in Sri Lanka e Filippine: bambini “pieni di vita, di entusiasmo”, costretti però a vivere “in condizioni non degne…”. Proprio “da come sono trattati i bambini si può giudicare la società”, osserva, “non solo moralmente, anche sociologicamente, se è una società libera o una società schiava di interessi internazionali”.

Guardare negli occhi un bambino aiuta infatti a ricordare la propria fragile natura, e cioè che “tutti, nei primi anni della vita, siamo stati totalmente dipendenti dalle cure e dalla benevolenza degli altri”. Cristo nel Vangelo parla infatti di “piccoli”, indicando non solo i bimbi ma “tutte le persone che dipendono dall’aiuto degli altri”.

Per questo si può dire che i bambini siano “una ricchezza per l’umanità e anche per la Chiesa”, perché – spiega il Papa – “ci richiamano costantemente alla condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono. E tutti, siamo bisognosi di aiuto, d’amore e di perdono … tutti!”.

Ma i bambini ci ricordano anche un’altra cosa: una “cosa bella” afferma Francesco, ovvero “che siamo sempre figli”. Quindi che “anche se uno diventa adulto, o anziano, anche se diventa genitore, se occupa un posto di responsabilità, al di sotto di tutto questo rimane l’identità di figlio”. L’identità di una persona che non si è dato la vita da sé ma l’ha ricevuta.

“Il grande dono della vita è il primo regalo che abbiamo ricevuto”, rimarca Bergoglio. “A volte rischiamo di vivere dimenticandoci di questo, come se fossimo noi i padroni della nostra esistenza”. Invece, “è motivo di grande gioia sentire che in ogni età della vita, in ogni situazione, in ogni condizione sociale, siamo e rimaniamo figli”.

Proprio questo è “il principale messaggio che i bambini ci danno, con la loro stessa presenza”. In più essi elargiscono anche tanti altri “doni” e “ricchezze”. Uno “sguardo fiducioso e puro” nel vedere la realtà innanzitutto, uno sguardo interiore “non ancora inquinato dalla malizia, dalle doppiezze, dalle ‘incrostazioni’ della vita che induriscono il cuore”.

“Sappiamo che anche i bambini hanno il peccato originale, che hanno i loro egoismi, ma conservano una purezza, e una semplicità interiore”, evidenzia il Santo Padre. “Ma i bambini – aggiunge a braccio – non sono diplomatici: dicono quello che sentono, dicono quello che vedono, direttamente. E tante volte mettono in difficoltà i genitori: ‘Questo non mi piace perché è brutto’ … davanti alle altre persone. Ma i bambini dicono quello che vedono, non sono persone doppie. Ancora non hanno imparato quella scienza della doppiezza che noi adulti abbiamo imparato”.

Inoltre, “nella loro semplicità interiore”, i bimbi portano con sé la capacità di “ricevere e dare tenerezza”. Che significa avere un cuore “di carne” e non “di pietra”, spiega Francesco, e quindi “‘sentire’ le cose e gli avvenimenti, non trattarli come meri oggetti, solo per usarli, perché servono”. “I bambini – aggiunge ancora – hanno la capacità di sorridere e di piangere: due cose che in noi grandi spesso ‘si bloccano’, non siamo più capaci… Dipende sempre dal cuore che si indurisce… E allora i bambini possono insegnarci di nuovo a sorridere e a piangere”.

Dunque, conclude il Pontefice, “i bambini portano vita, allegria, speranza, anche guai. Ma, la vita è così. Certamente portano anche preoccupazioni e a volte tanti problemi; ma è meglio una società con queste preoccupazioni e questi problemi, che una società triste e grigia perché è rimasta senza bambini! E quando vediamo che il livello di nascita di una società arriva appena all’1% – soggiunge a braccio – possiamo dire che questa società è triste, è grigia perché è rimasta senza bambini”.

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