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Questa sera, sabato 14 marzo dalle ore 21.00 ultima serata con l’appuntamento con la Prof.ssa Rosanna Virgili “Gente di periferia, leggere il Vangelo di Marco”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 15 Marzo.

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»(Gv 3,16).
Dio non sapeva più come fare per persuadere l’uomo a lasciarsi raggiungere dal suo amore.
Dalle prime pagine della Bibbia, quando l’uomo scelse di andare per strade diverse da quelle di Dio, Lui, il Creatore, non ha fatto che studiare il modo di attirarlo ancora a sé, di riannodare quell’Alleanza troppe volte tradita dall’uomo, ma tenuta in piedi dalla eterna fedeltà di Dio.
Ce lo dice la prima lettura di questa 4^ domenica di quaresima, nel brano tratto dal II Libro delle Cronache: «Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora». E poiché l’uomo non è riuscito a rifiutare la logica del male, quel male che, accovacciato alla porta di Caino, avrebbe dovuto dominare, l’amore di Dio si è spinto oltre ogni ragionevolezza, fino a prendere su di sé il peccato di ogni uomo e di ogni tempo, consegnandosi ad esso con la sua morte e, con ciò, consegnando a noi la vittoria sul male e sulla morte.
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chi crede in lui abbia la vita eterna».
Nel segno del serpente è rappresentata l’intera storia della salvezza, è il simbolo del dubbio annidato nel cuore dell’uomo che gli impedisce di fidarsi di Dio, e lo conduce a fare scelte di morte, un simbolo che Gesù assumerà sulla croce, dove sarà innalzato come il serpente, e come nel deserto dell’Esodo chi guardava il serpente veniva guarito dal suo stesso male, così chi guarda la Croce e crede nel Figlio di Dio è salvato.
Davanti al mistero della Croce siamo chiamati ad assumerci la nostra responsabilità: credere o non credere, amare la luce o le tenebre, fare la verità o la menzogna. Come in una nuova creazione la Parola della Croce non genera confusione, ma distinzione, non è tutto uguale, non tutto va bene, ma ogni cosa è chiamata con il suo nome, male il male e bene il bene, e non possiamo più nasconderci o dare la colpa a qualcun altro.
«Per grazia siete salvati –dice S. Paolo nella II lettura- e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio», il dono per il quale già da adesso siamo i “salvati”, coloro che hanno in se la vita e, per grazia  e senza vantarsene, diventano essi stessi fiumi di acqua viva che sgorgano da colui che crede.

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