PaolaDi Maurizio Calipari

Quest’anno compie dieci anni di vita l’Associazione Scienza & Vita. Nata come Comitato a sostegno alla legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, contro i referendum abrogativi del giugno 2005, dopo il buon esito della propria iniziativa, alla fine del 2005 si trasforma in associazione. Da allora, Scienza & Vita dedica le sue attività “all’approfondimento dei problemi legati alle ricadute della scienza e della tecnica sulla vita umana, con effetti che configurano una vera e propria questione antropologica”, nel convincimento che “su questi temi occorre confrontarsi al di là delle contrapposizioni ideologiche”. Su questa prima tappa di vita associativa, abbiamo raccolto i ricordi e le suggestioni di Paola Ricci Sindoni, professore ordinario di Filosofia Morale all’Università di Messina, attuale presidente di Scienza & Vita.

Lei è tra i soci fondatori di Scienza & Vita, che quest’anno compie dieci anni di vita associativa. Come riassumerli in una breve?
“In una formula: impegno sul territorio per elaborare una riflessione sul campo, in merito ai principi antropologici e scientifici della bioetica cristianamente ispirata ed anche aperta laicamente a ogni contributo di idee e di progetti. Essere credenti significa anche esercitare l’arte del confronto e desiderare che la propria visione del mondo sia riconosciuta in ambito pubblico. Per questo è necessario attivare la conoscenza dei problemi bioetici, per attivare pratiche virtuose in grado di coinvolgere all’interno della società civile italiana ogni persona responsabile”.

Quali le finalità e i valori prevalenti dell’associazione? Quali le vostre vie preferenziali di implementazione nell’azione quotidiana?

“Sullo sfondo restano sempre due fari: il primo legato alla tutela e alla promozione della vita umana, quale garanzia del rispetto dei diritti di ogni persona. Il secondo connesso a una certa idea della scienza, quella che continua a guardare ai fini umanistici della ricerca e alla sua applicazione tecnica, non confondendo mai gli scopi – salvaguardare la dignità umana – con gli strumenti (mossi in prevalenza da interessi economici) evitando così le derive idolatriche e violente. Per questo obiettivo è indispensabile che le questioni più delicate della vita umana – la nascita, la disabilità, la malattia, la morte – interagiscano con la scienza, affinché quest’ultima sia in grado di meglio ridefinire il suo compito. Senza questa sinergia si cadrebbe nella retorica dei discorsi vuoti e nella pratica scientifica sciolta da ogni premura etica”.

Quali sono state le iniziative di maggior “successo”, rispetto alle finalità statutarie, fin qui realizzate da Scienza & Vita?
“Penso soprattutto a due eventi che hanno visto il coinvolgimento di molte associazioni locali e una ricaduta sul territorio di grande efficacia. Nel 2011 il Manifesto e il successivo convegno su ‘Scienza e cura della vita. Educazione alla democrazia’ hanno evidenziato l’urgenza di colmare le lacune comunicative fra ambito politico e mondo valoriale, quello che nutre il tessuto della società civile, ma che molto spesso è assente nei palazzi del potere. Educare ai principi di rispetto della vita, dal suo inizio sino alla sua fine naturale, non è certo un messaggio religioso destinato solo ai credenti, ma un programma laico di intervento politico, retto dai principi democratici. L’anno scorso, poi, un altro importante evento, dedicato al ruolo dell’educazione all’affettività e alla sessualità, che ha visto centinaia di giovani farsi soggetti attivi di questo processo e disposti a costruire la loro vita con consapevolezza e con libertà”.

Scienza e questione antropologica. Quali le sfide odierne più “calde” ed urgenti da affrontare nel panorama culturale italiano?
“La questione antropologica incrocia tutti i circuiti virtuosi del rapporto fra vita e scienza. Temi quali la procreazione assistita, l’eterologa, la maternità surrogata, l’eugenetica, il futuro degli embrioni, e molto altro, sono da sempre al centro del nostro pensare e operare. Fra le sfide odierne, vedo l’avvicinarsi della questione dell’eutanasia nell’agenda politica, tema questo che ci vedrà impegnati in prima linea. Non dimenticando però il chiarimento delle teorie di gender e delle sue nefaste ricadute sul piano della formazione delle giovani generazioni. Ciò significa dover entrare nelle dinamiche delle varie agenzie educative, per non lasciare sole le famiglie e il campo a quanti, con poca serietà scientifica e molta arroganza ideologica, credono di intervenire massicciamente nelle scuole proponendo piani didattici agghiaccianti e privi di qualsiasi giustificazione pedagogica.

Dunque, quali saranno i principali impegni di Scienza & Vita nei prossimi dieci anni?
“Mi auguro che nel prossimo convegno di maggio, intitolato ‘Quale scienza per quale vita?’ emergano con maggiore precisione gli scopi futuri dell’associazione, che personalmente vedo nella continuità e nella rimodulazione. In quell’occasione, inoltre, saremo arricchiti da importanti contributi di riflessione, primo fra tutti quello del cardinale Angelo Bagnasco, relatore principale del convegno. E poi avremo il grande dono di esser ricevuti in udienza particolare da Papa Francesco, la cui guida ci indicherà i punti di riferimento necessari per il prosieguo del cammino. In ogni caso una cosa è certa: per essere credibili ed efficaci, occorre immaginare nuovi metodi di intervento. Ossia, meno teorie e più radicamento nell’esperienza e nella vita di quanti soffrono, soprattutto i più deboli e meno ascoltati. Ed ancora: meno voci stentoree e raduni di piazza e più parole e gesti dettati dalla passione di capire e dalla responsabilità di intervenire”.

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