Don Gianni Croci

DIOCESI – Abbiamo ricevuto in redazione una mail di una nostra lettrice sulla confessione che pubblichiamo insieme alla risposta di Don Gianni Croci.

Lettrice: “Sacerdoti e laici in merito al sacramento della confessione.
Ognuno ha esperienze diverse, e soprattutto ( riferendomi ai sacerdoti) ognuno,su parti opinabili, opinioni diverse! Chi sostiene delle cose, chi le nega e ne afferma altre e ogni volta io, come molti altri credenti, mi chiedo… ma qual è la giusta via?
Come deve un vero cristiano confessarsi?
Incuriosita e sempre in cerca di riposte alle mie domande, leggo le opinioni del Pontefice a riguardo, ma sono sempre più confusa perché non trovo corrispondenza tra quello che lui dice e le esperienze in merito di molti fedeli. Per questi motivi, sperando di creare un dialogo, ho voluto fare questa breve riflessione
Un paio di anni fa commentando la prima Lettera di San Giovanni, papa Francesco disse: “Andare a confessarsi non è andare a una seduta di tortura? No! E’ andare a lodare Dio, perché io peccatoresono stato salvato da Lui. E Lui mi aspetta per bastonarmi? No, con tenerezza per perdonarmi. E se domani faccio lo stesso? Vai un’altra volta, e vai e vai e vai…. Lui sempre ci aspetta. Questa tenerezza del Signore, questa umiltà, questa mitezza questa fiducia “ci dà respiro”
Ma allora, perché il Sacramento della Penitenza ha subito negli ultimi tempi una flessione nella pratica?
“La Confessione non è una seduta in una sala di tortura, ma è una festa” il Papa parla di tenerezza e di festa. Ma molti si sentono in un tribunale dell’inquisizione: sono persone che, per mostrare le proprie ferite per farsele curare, si sentono male come in un’operazione chirurgica o che non riescono a sputare il “rospo” perché non si sentono a proprio agio o peggio ancora, non riescono a capire dove hanno sbagliato . In fondo non hanno chiarezza su cosa sia il peccato. E così non sentono la necessità di confessarsi spesso e dicono che nella loro vita non è successo niente di male quindi non devono confessarsi .
Questo lo ricordava anche Giovanni Paolo I che quando da bambino andava a confessarsi con il fratello “litigavano” durante il tragitto per aver qualcosa di cui pentirsi!
Spesso ci si chiede, ma come faccio a pensare di rivolgermi a Dio se parlo con un altro essere umano che, in più, mi pone domande sulla mia vita e sulla mia intimità? Tutti vorrebbero trovare un sacerdote accogliente, sereno, non frettoloso, cortese che mostri il volto di Gesù Cristo, buon Pastore, ma talvolta si sentono solo davanti a un giudice e non di fronte a chi ci fa vedere il Dio che ci ama Spesso sento dire “ ma perché devo mettermi per forza faccia a faccia con il prete? Mi confesso direttamente con Dio , chiedo a Lui il perdono”
In fondo fra le parole accoglienti del Papa e le domande che la gente si pone , vedo un abisso… e questo è la conoscenza del peccato, non solo la coscienza ma quello che la precede il sapere che cosa è il peccato, che cosa è peccato, ma soprattutto perché è peccato… e oggi certo nessuno più si accontenta di risposte del tipo “ perché lo dice la Chiesa” . Forse colmando queste lacune tutti potrebbero capire meglio le parole del Papa.
Tanti interrogativi, poche risposte e continuo a chiedermi.. come deve un vero cristiano confessarsi?”

Don Gianni Croci: “Le domande che poni sono molte ed impegnative.
Intanto è bene chiarire qualcosa sul vocabolario che solitamente utilizziamo.
In realtà non si tratta di ‘confessare’ ma di vivere il sacramento della Riconciliazione dove la parte più importante non è elencare quanti e quali peccati uno ha commesso, ma accogliere il dono della conversione e la misericordia di Dio.
Forse non é bene nemmeno parlare di ‘vero cristiano’ per il semplice fatto che non esiste: siamo tutti peccatori perdonati.
Anche il ministro della riconciliazione é un peccatore che ha bisogno di vivere la festa del perdono e non ha ricette uguali per tutti.
Ogni persona é unica e irripetibile di fronte a Dio e cosa c’é nel cuore di ognuno lo conosce veramente solo il Signore.
La confusione, che per quanto possibile si deve evitare, coniugando insieme verità è misericordia, è il segno di una comunità dove non manca lo Spirito del Signore ma nemmeno la fragilità e la pochezza dei credente, anche dei ministri della riconciliazione.
Chiaramente i presbiteri hanno il dover di formarsi e uniformarsi all’insegnamento della Chiesa.
A me pare però che la cosa più importante innanzitutto é incontrare il Signore e conoscere il suo Vangelo attraverso la comunità cristiana, presupposto per accogliere il dono dei sacramenti.
Certamente pian piano, in un cammino di conversione che riguarda tutti, anche i preti (sacerdoti siamo tutti) impareremo a vivere il Sacramento della Riconciliazione come l’abbraccio con quel Padre che non minimizza la realtà del peccato ma nello stesso tempo accoglie il peccatore.
Sarà una festa vissuta insieme ai fratelli (esiste anche la forma comunitaria con la riconciliazione individuale) chiamati a lasciare il giudizio a Dio e a non rimanere fuori a lamentarsi e scandalizzarsi della bontà di Dio.
Un ultimo consiglio: preghiamo spesso per i presbiteri perché sappiano essere buoni amministratori dei misteri di Dio”.

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