PapaIl movimento cooperativistico italiano è “un grande tesoro della Chiesa italiana”, che affonda le radici nelle prime cooperative agricole e di credito, fondate e promosse da sacerdoti e parroci già nel XIX secolo. Lo ha ricordato papa Francesco, durante l’udienza concessa stamattina in Aula Paolo VI ai membri della Confederazione Cooperative Italiane.

Le cooperative, ha aggiunto il Pontefice, costituiscono tuttora un “rimedio efficace al problema della disoccupazione e alle diverse forme di disagio sociale”.

Dopo aver menzionato l’incoraggiamento e l’apprezzamento del Magistero – in particolare da parte di Leone XIII, del beato Paolo VI e di Benedetto XVI – nei confronti dell’esperienza cooperativa, Francesco ha individuato nell’attuale dialogo tra tale realtà e la Chiesa, un’opportunità per delineare “nuove prospettive” e “nuove responsabilità” per contrastare la “cultura dello scarto”, coltivata dai “poteri che reggono le politiche economico-finanziarie del mondo globalizzato”.

Dinnanzi alla povertà e alla disoccupazione dilaganti, le cooperative non possono fermarsi a guardare quanto realizzato in passato ma devono piuttosto continuare “a perfezionare, a rafforzare e ad aggiornare le buone e solide realtà” esistenti.

Il mondo cooperativistico ha dunque la “missione” di andare verso le “nuove frontiere del cambiamento, fino alle periferie esistenziali”, dove, purtroppo, “il sistema socio-politico attuale sembra invece fatalmente destinato a soffocare la speranza incrementando rischi e minacce”.

Le sfide odierne hanno quindi stimolato il Papa ha indirizzare ai rappresentanti delle cooperative, “alcuni incoraggiamenti concreti”, il primo dei quali riguarda la vocazione “ad essere il motore che solleva e sviluppa la parte più debole delle nostre comunità locali e della società civile”.

Tale vulnerabilità riguarda soprattutto i giovani, la cui disoccupazione “drammaticamente elevata, distrugge in loro la speranza”, oltre che le donne, “che hanno bisogno e volontà di inserirsi nel mondo del lavoro”, e le imprese in difficoltà, che i vecchi padroni vorrebbero lasciar morire e che, invece, “possono rivivere”, grazie anche a iniziative come quelle che le cooperative spesso mettono in atto.

Il secondo incoraggiamento del Papa ha riguardato l’attivazione di “nuove soluzioni di Welfare, in particolare nel campo della sanità, un campo delicato dove tanta gente povera non trova più risposte adeguate ai propri bisogni”.

Prendendo atto delle numerose iniziative che le cooperative portano avanti da anni per i malati, per gli anziani e per le persone svantaggiate, il Pontefice ha sottolineato che “la carità è un dono” e non “un semplice gesto per tranquillizzare il cuore”. Senza questo dono, ha aggiunto ,“non si può entrare nella casa di chi soffre”.

Il Santo Padre ha quindi manifestato un auspicio concreto: “Come sarebbe bello se, partendo da Roma, tra le cooperative, alle parrocchie e agli ospedali, penso al “Bambin Gesù” in particolare, potesse nascere una rete efficace di assistenza e di solidarietà”.

Il terzo incoraggiamento ha riguardato “l’economia, il suo rapporto con la giustizia sociale, con la dignità e il valore delle persone”. In tal senso, il Papa ha preso le distanze da un “certo liberismo” che si limita “elargire le briciole della ricchezza accumulata”: tale sistema e tale mentalità non permettono di “uscire dal circuito fatale dell’egoismo delle persone e delle aziende”.

Per realizzare una “qualità nuova di economia”, è necessario, invece, “far crescere le persone in tutte le loro potenzialità”. Non basta soltanto far “crescere il reddito”, occorre che il socio della cooperativa sia “sempre il protagonista” e che l’impresa “cresca davvero in modo cooperativo, cioè coinvolgendo tutti”.

Il quarto incoraggiamento ha riguardato il perseguimento della “armonizzazione tra lavoro e famiglia”. In particolare le donne vanno aiutate a “essere sempre più protagoniste, sia nelle imprese sia nelle famiglie”.

A tale scopo, “le cooperative propongono già tanti servizi e tante formule organizzative, come quella mutualistica, che vanno incontro alle esigenze di tutti, dei bambini e degli anziani in particolare, dagli asili nido fino all’assistenza domiciliare”: un sistema che il Santo Padre ha indicato come “il nostro modo di gestire i beni comuni, quei beni che non devono essere solo la proprietà di pochi e non devono perseguire scopi speculativi”.

Il quinto incoraggiamento è stato quello di “investire” ed “investire bene”. Riconoscendo che, in particolare in Italia, “è difficile ottenere denaro pubblico per colmare la scarsità delle risorse”, il Papa ha proposto la seguente soluzione: “mettete insieme con determinazione i mezzi buoni per realizzare opere buone”; ha quindi esortato: “Collaborate di più tra cooperative bancarie e imprese, organizzate le risorse per far vivere con dignità e serenità le famiglie; pagate giusti salari ai lavoratori, investendo soprattutto per le iniziative che siano veramente necessarie”.

Se da un lato, quando diventa un “idolo”, il denaro può diventare “sterco del diavolo”, esso può anche essere “a servizio della vita”, animando una “cooperativa autentica”, dove “non comanda il capitale sugli uomini ma gli uomini sul capitale”, mettendo davanti a tutto il “bene comune”.

Al tempo stesso, il Pontefice ha stigmatizzato le “false cooperative” che assumono una “facciata onorata”, per poi “perseguire invece finalità disonorevoli e immorali, spesso rivolte allo sfruttamento del lavoro, oppure alle manipolazioni di mercato, e persino a scandalosi traffici di corruzione”: ciò è “una vergognosa e gravissima menzogna che non si può assolutamente accettare”.

In conclusione, Francesco ha esortato a rinnovare la collaborazione del movimento cooperativo con le parrocchie e con le diocesi, vivendo “senza paura” tale alleanza “da cristiani”, come risposta alla propria fede e alla propria identità.

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