8 per mille

Creare “sinergie tra più soggetti: parroci, uffici diocesani, tecnici, consulenti”; fare “analisi approfondite” prima di intraprendere nuove opere. Sono le indicazioni emerse, oggi a Salerno, nell’ultimo giorno del convegno Cei per economi e direttori degli uffici amministrativi diocesani, dedicato all’amministrazione dei beni immobili. Per l’edilizia di culto, nella storia dell’otto per mille, “sono stati erogati 2 miliardi di euro”, ha reso noto don Rocco Pennacchio, economo della Cei, sottolineando la “spinta propulsiva” che questo ha avuto per tante opere. “Attualmente – gli ha fatto eco monsignor Stefano Russo, direttore dell’Ufficio Cei per i beni culturali ecclesiastici – ci sono in Italia 780 cantieri aperti” nei quali è presente un contributo dell’otto per mille. “Anche qui – ha rilevato – è visibile la carità della Chiesa, perché in questi lavori sono coinvolti tecnici, imprese, professionisti”: una carità, insomma, che si traduce in occupazione. Nel 2014, ha ripreso don Pennacchio, “sono stati stanziati dalla Cei 120 milioni di euro per l’edilizia di culto e 60 per i beni culturali ecclesiastici”, mettendo in moto un volume d’affari che corrisponde a più del doppio, dal momento che i fondi dell’otto per mille vengono erogati come “contributo di partecipazione alla spesa”, che arriva al massimo al 50%.

Ecco, dunque, che diocesi e parrocchie “prima di avventurarsi in un’impresa – ha aggiunto don Pennacchio – devono valutare pure la disponibilità di risorse proprie e come reperirne per far fronte al resto della spesa”. Sta qui l’importanza della “relazione”, ovvero instaurare un rapporto tra più soggetti per valutare la fattibilità dell’opera. “Un parroco da solo può far poco, come pure sbaglierebbe un ufficio diocesano che escludesse il parroco”, ha osservato monsignor Giuseppe Russo, responsabile del Servizio nazionale per l’edilizia di culto, convinto che “l’unione competente e consapevole fa la forza”. E, prima di edificare una nuova opera, è necessario compiere “un’analisi approfondita dello stato reale” interpellando le comunità, anziché “mettersi a tavolino tra pochi e decidere”. Per il responsabile del Servizio nazionale “si costruisce troppo” e magari poi non restano i soldi per un’adeguata conservazione dell’esistente. Mentre una fase preventiva corretta ed esauriente permette di “capire con uno studio di fattibilità se ci sono le condizioni per proseguire nella progettazione e poi con i lavori”.

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