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Il Papa ai mafiosi: ”Aprite al Signore il vostro cuore!”

PapaDi Patrizia Caiffa
Un nuovo monito ai mafiosi a convertirsi e a non usare la religione come gesto esteriore, perché non si è mai veri credenti quando si usa la violenza. Lo ha lanciato Papa Francesco, ricevendo in udienza 7.500 fedeli della diocesi di Cassano all’Jonio, accompagnati dal vescovo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, e da altri vescovi calabresi. Parole simili le aveva dette il 21 giugno dell’anno scorso, proprio nella piccola diocesi calabrese, che oggi ha ricambiato la visita in Vaticano. Poco prima mons. Galantino aveva celebrato messa nell’Aula Paolo VI, invitando i cattolici a “non puntare il dito” per giudicare ed escludere come i farisei nel Vangelo, ma ad essere accoglienti verso i poveri, gli emarginati, le persone in difficoltà. Come gesto di gratitudine nei confronti del Papa è stato donato un piccolo contributo economico per le docce, la barberia e la nuova struttura di accoglienza per i senza dimora che sta nascendo a San Pietro.
Gesti esteriori di religiosità non bastano. “I gesti esteriori di religiosità non bastano per accreditare come credenti quanti, con la cattiveria e l’arroganza tipica dei malavitosi, fanno dell’illegalità il loro stile di vita”, ha scandito Papa Francesco: “Non si può dirsi cristiani e violare la dignità delle persone; quanti appartengono alla comunità cristiana non possono programmare e consumare gesti di violenza contro gli altri e contro l’ambiente”. “I gesti esteriori di religiosità non accompagnati da vera e pubblica conversione – ha sottolineato – non bastano per considerarsi in comunione con Cristo e con la sua Chiesa”. A quanti “hanno scelto la via del male e sono affiliati a organizzazioni malavitose rinnovo il pressante invito alla conversione”: “Aprite il vostro cuore al Signore! Il Signore vi aspetta e la Chiesa vi accoglie se, come pubblica è stata la vostra scelta di servire il male, chiara e pubblica sarà anche la vostra volontà di servire il bene”. A tutti i fedeli della diocesi ha detto: “la bellezza della vostra terra è un dono di Dio e un patrimonio da conservare e tramandare in tutto il suo splendore alle future generazioni. Pertanto occorre l’impegno coraggioso di tutti, ad iniziare dalle istituzioni, affinché essa non sia sfregiata in maniera irreparabile da interessi meschini”.
Alla Comunità Emmanuel. Il Papa ha poi salutato con calore i rappresentanti della Comunità Emmanuel e dell’Associazione Volontari Emmanuel “esempio di accoglienza e di condivisione con i più deboli”: “Giovani devastati dalla droga hanno trovato in voi e nelle vostre strutture il ‘buon samaritano’ che ha saputo chinarsi sulle loro ferite e ha saputo ungerle con il balsamo della vicinanza e dell’affetto. Mettendovi al fianco di giovani e adulti soggiogati dalle dipendenze, voi avete abbracciato Gesù sofferente e avete seminato la speranza”. Poco prima padre Mario Marafioti, il gesuita fondatore, 35 anni fa, della Comunità Emmanuel, che accoglie ora 500 persone svantaggiate, senza famiglia o emarginate, aveva spiegato quanto il loro servizio si svolga “in una continua e aspra guerra di liberazione da tutte le droghe, a cominciare dalla ‘droga madre’, che è la mentalità egoistica che corrompe persone, coppie, famiglie e società”.
No ad una “religiosità dell’esclusione”. Nel saluto al Papa monsignor Nunzio Galantino ha ricordato le parole di Papa Francesco durante la sua visita a Cassano all’Jonio: “Quel 21 giugno Lei ha trovato ed usato parole di condanna senza riserve per comportamenti di sopraffazione e per scelte sistematiche di illegalità che umiliano l’uomo e uccidono ogni speranza; soprattutto quella dei nostri giovani”. “La chiarezza di quella condanna – ha proseguito – non ha attraversato solo la nostra terra. Non sappiamo quanto quelle parole abbiano toccato il cuore di chi ha scelto di seguire in maniera sistematica la strada del malaffare; sappiamo però che quelle parole hanno contribuito a fare chiarezza anche al nostro interno”, purificando “sempre di più le nostre scelte pastorali” e intensificando “la nostra vigilanza sulle manifestazioni popolari della nostra fede”. Nell’omelia monsignor Galantino aveva invitato i cattolici a “rinunciare al dito puntato ed allenarci ad avere lo stesso sguardo che ha avuto Gesù nei confronti del pubblicano Matteo”. “Sappiamo tutti – ha osservato – quanto ipocrita scandalo mettono in campo ancora oggi persone pie per le quali – non si capisce in nome di quale Vangelo – il lebbroso deve rimanere fuori anzi lontano dal tempio; col peccatore non bisogna trattare; i principi non si devono toccare, anche a costo di stritolare storie già fragili e compromesse di per sé”. Oggi queste persone, “nelle nostre comunità, incontrano chi si ritiene in dovere di tenerle a distanza; semmai scaricando su di esse giudizi e cattiverie senza limiti. Il tutto, in nome di una religiosità dell’esclusione, come quella praticata dai farisei e i loro scribi” che giudicano “insopportabile”, come “tanti perbenisti, la vicinanza che tanti uomini e tante donne di Vangelo assicurano al giovane che sta facendo scempio della sua vita, alla ragazza che sta svendendo la sua bellezza e la sua carica di umanità!”.