stampaDi Benedetto Riga

Sono oltre 200 le testate non profit che rischiano di chiudere sul territorio nazionale. Impegnano 3mila persone, tra giornalisti, grafici e poligrafici, a causa del taglio di 90 milioni di euro di contributi 2013 (dimezzati retroattivamente a bilanci già chiusi) e 2014. Si tratta di quotidiani locali, riviste, periodici di comunità, settimanali cattolici, organi di informazione delle minoranze linguistiche, giornali nazionali di opinione.
L’adesione del Forum del Terzo Settore. La campagna ha al centro una petizione popolare – si può firmare sul sitowww.menogiornalimenoliberi.it – e in questi giorni sta ricevendo numerose adesioni. Tra le più recenti, quella del Forum nazionale del Terzo Settore. “Aderiamo con piena convinzione alla campagna – ha dichiaratoPietro Barbieri, portavoce del Forum – perché sappiamo quanto sia importante il contributo della piccola editoria e di settore, alla costruzione di una informazione libera, che non sia appannaggio dei soli grandi gruppi editoriali. Abbiamo visto tante volte ridurre gli spazi dell’editoria del Terzo Settore, ma crediamo che ogni Paese che si definisca democratico debba garantire il diritto e l’accesso all’informazione. L’editoria del Terzo Settore rappresenta una voce ‘altra’, indipendente, spesso ignorata dal mainstream, tuttavia capace di raccontare di un altro pezzo del nostro Paese, con un grande potenziale narrativo. Il nostro Giornale Radio Sociale, espressione di comunicazione sociale, ne è una prova. Auspichiamo quindi che le richieste della campagna di rivedere i tagli ai contributi per l’editoria e di mettere mano ad una riforma del sistema dell’informazione italiana vengano accolti al più presto”.
Le testate “storiche” a rischio. Tra le centinaia di testate a rischio, ve ne sono molte “storiche”. Come “Noi Donne”, che aderendo alla campagna, ha scritto sul suo sito internet: “Noidonne, che di anni ne ha settanta e che viene pubblicato da una cooperativa dal 1969, è e sarà in prima linea, insieme alle altre testate, per combattere il muro dell’indifferenza istituzionale e per costringere il Governo a dare risposte nel brevissimo termine, nell’ottica di continuare a contare nel panorama del giornalismo italiano. Un settore in crisi che va riformato certamente, ma in cui l’esperienza e il valore di tante piccole e grandi realtà non deve perdersi o restare soltanto un ricordo per nostalgici aficionados. Non si tratta infatti di entrare nel partito dei gufi o dei rottamatori, ma di difendere il pluralismo dell’informazione attraverso il lavoro dei giornali cooperativi e no profit che da sempre hanno a cuore le comunità e i lettori”.

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