Di Sara De Simplicio

DIOCESI – Ancora oggi l’abbazia di Santa Maria in Montesanto è uno tra i complessi religiosi di maggiore suggestione del territorio teramano, una realtà monumentale immersa in un silenzio fatto di memoria, spiritualità e natura.

L’abbazia, che celebra ogni anno la festa dell’Assunta con un pellegrinaggio a piedi il 14 di agosto, nacque nel periodo medievale compreso tra il 745 e il 750 d.C, quando il Conte di Teramo, allora ancora vassallo del ducato spoletino, la fece costruire, secondo l’uso dei tempi, per il suo secondogenito;  essendo riuscito poi ad ottenere dal papa, in via eccezionale, la cura animarum, privilegio concesso solo a pochi monasteri, strinse quindi un sodalizio con l’abbazia di Montecassino, che ospitava al tempo circa 1300 monaci ed ottenne il permesso di accogliere a Montesanto un gruppo di monaci che vi si alternavano ogni sei mesi , grazie soprattutto al grande beneficio di cui disponeva il monastero, che si estendeva dal Monte Foltrone alla Montagna dei Fiori, per tutta la vallata del Vibrata fino al mare, scendendo verso il Tronto e inglobando anche il comune di Campli e una parte della vallata del Pescara, da Castiglione Messer Raimondo fino alla foce. L’abbazia ospitava, inoltre, anche delle figure fisse che necessitavano di un’esperienza cognitiva e visiva dell’ambiente come l’abate, il faccendiere, il cuciniere e anche un economo, responsabile dei conti interni al monastero, ed era costituita da 4 ali, di cui oggi se ne conserva solo una.

Ad aprirci le porte di questo luogo incantato è stato il diacono Galliano Ciccarelli, suo custode nonché Pro Rettore dal 17 marzo 1997, che con grande disponibilità ci ha raccontato le vicende dell’abbazia. Il restauro, avvenuto negli anni compresi tra il 1992 e il 1995 con un finanziamento da fondi europei ed eseguito grazie ad un accordo tra la diocesi e il comune di Civitella, con la collaborazione della Forestale, ha riportato le cose allo stato in cui si trovavano nel XIII secolo, recuperando l’intera funzionalità del complesso abbaziale. Dopo essere stata per alcuni anni inglobata come annessa all’Ente Parrocchiale “Santa Maria in Monte Santo e Sant’Angelo” e dopo un successivo periodo di autonomia come chiesa rettoriale, il 15 giugno 2011 la Congregazione ha stipulato l’attribuzione di proprietà dell’abbazia alla diocesi nella persona del vescovo pro tempore, suo abate e rettore, che ne ha assunto la legale rappresentanza.

Il diacono Galliano, che ha effettuato varie ricerche al fine di restaurare l’assetto originario del complesso, sotto il vincolo della tutela di quelli che sono beni non solo sacri ma anche culturali e ambientali, ci ha illustrato i lavori di ripristino degli ultimi anni. Dal 2008, anno in cui l’abbazia è stata riconsacrata, le modifiche hanno interessato sostanzialmente il presbiterio, con la sostituzione dell’altare, della sedia abbaziale e dell’ambone, fino ad arrivare ai lavori più recenti, in particolare l’importantissimo ritrovamento di un antico fonte battesimo che era andato perduto (risalente intorno all’anno 1000 e forse di proprietà cardinalizia) e il ripristino di quattro medaglioni, finora messi da parte e oggi invece appesi alle parete laterali, raffiguranti i quattro evangelisti con i loro simboli, commissionati dal vescovo ad uno scultore di Isernia per il giubileo del 2000.

Fortunatamente da qualche anno, dunque, l’Abbazia di Santa Maria in Montesanto è stata riaperta al culto e alla celebrazione dei sacramenti, tornando coì fruibile ai tanti fedeli che, per visitarla, arrivano anche da paesi lontani.

Oggi l’abbazia viene spesso scelta come luogo ideale per matrimoni e qualche battesimo, ma soprattutto come sede di brevi ritiri per ragazzi, giovani e adulti, per tutti coloro che abbiano desiderio e bisogno di vivere un momento spirituale in un quadro dove il silenzio e l’autenticità del luogo ne costituiscono la cornice principale.

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