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La Chiesa d’Inghilterra scende in campo niente sconti ai politici

canterburyDi Gianni Borsa

Un testo particolarmente lungo, articolato, misurato in ogni sua espressione. Cinquantasei pagine per richiamare i fedeli della Chiesa anglicana, le comunità parrocchiali, ma anche ogni cittadino britannico, a svolgere il proprio dovere in vista delle elezioni generali del prossimo 7 maggio. L’iniziativa assunta dalla Chiesa d’Inghilterra, ovvero la Confessione religiosa più numerosa nell’isola, ha già fatto scalpore ed è finita su tutte le prime pagine delle edizioni on line dei giornali, da “The Times” a “The Guardian” fino al popolare “Daily Mirror”.
Il testo s’intitola “Who is my neighbour?” (“Chi è il mio prossimo?”) e prende spunto dal capitolo 4 della lettera di Paolo ai Filippesi: “In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, quello che è nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Seguono un’analisi severa della realtà del Paese, giudizi severi verso la classe politica, fino a un appello al voto responsabile che richiede, secondo i vescovi, un riferimento ai valori provenienti dalla fede nel momento in cui ci si reca alle urne.
Colpiscono nella lettera pastorale i duri richiami a una politica segnata da cinismo, autoreferenzialità e perdita dei punti di riferimento etici, lontana dai problemi della gente, priva di una visione generale di ampio respiro. La cultura politica – vi si legge – è “quasi moribonda”, e la stessa classe politica non sarebbe all’altezza delle sfide poste dal tempo presente.
E, ancora, si ribadisce esplicitamente il diritto e dovere della Chiesa d’intervenire nello spazio pubblico, per richiamare ciascuno a fare la propria parte per edificare una vera comunità, animando una politica orientata al “bene comune” piuttosto che agli interessi personali o di parte.
Non emerge, ovviamente, dalle pagine una scelta di campo né tanto meno un sostegno a questo o quel partito, ma piuttosto la Chiesa anglicana – che non manca di ricordare il proprio radicamento nel Paese e l’azione solidale svolta verso i poveri e le famiglie – interviene per richiamare a un impegno rinnovato e responsabile
The Church of England in questo caso – e in controtendenza rispetto a un consueto atteggiamento defilato in ambito civile – punta a spronare i fedeli e tutti i cittadini a fare la loro parte per il futuro della nazione, indicando, senza sconti, una classe politica ritenuta per lo più inadeguata, orientata a riforme modeste se non controproducenti. Ma al contempo si constata un incoraggiamento a guardare avanti con fiducia, scegliendo la strada del dialogo e della partecipazione democratica.
Ecco poi il richiamo ai partiti affinché definiscano “una nuova visione morale del tipo di Paese che vogliamo essere”. I “privilegi di vivere in una democrazia” richiamano a usare il voto avendo a cuore “il bene degli altri, non solo i nostri interessi”. La lettera rimarca quindi il diritto della Chiesa a entrare nell’arena politica, perché “non è possibile separare il modo in cui una persona percepisce il suo posto nell’ordine creato dai propri convincimenti, religiosi o meno”, e da come le realtà secolari “debbano essere organizzate”. “L’affermazione che la religione e la vita politica devono essere tenuti separati è, in ogni caso, spesso in malafede”, richiamata dai politici nei casi in cui la Chiesa si esprime in maniera difforme dalla loro linea.
Non di meno, il documento ecclesiale incoraggia i partiti di ogni tendenza a prospettare nuove e audaci visioni di speranza, cariche di idealità. Perché la Gran Bretagna ha bisogno di una forte politica di comunità – sostengono i vescovi – per accrescere la solidarietà tra le persone e invertire una “deriva” verso l’isolamento sociale e l’egoismo.
Infine un richiamo ulteriore a esercitare “i diritti democratici per i quali i nostri antenati hanno lottato”. Il voto è, in definitiva, “un dovere di ogni cristiano adulto”.
Nel frattempo non si sono fatte attendere le reazioni – in qualche caso anche piuttosto risentite – all’intervento della Chiesa d’Inghilterra. E pare, secondo i media inglesi, che persino al numero 10 di Downing Street qualcuno abbia storto il naso.