La fuga dei cervelli è anche africana. Possibilità di formazione in crescita per alcuni sommate a troppe poche opportunità lavorative all’altezza danno come risultato la scelta di andarsene, destinazione le grandi città, gli Stati vicini o un altro continente. Dal 1990 a metà degli anni 2000 i costi indiretti di questo fenomeno per le economie africane erano stati di 4 miliardi di dollari ogni 12 mesi. Ancora nel 2011, la metà di questa cifra risultava persa per l’emigrazione dei professionisti del settore medico, che in Paesi come il Mozambico è in effetti l’esempio più evidente di questa problematica. Oltre ad affrontare la scarsità di medici in rapporto agli abitanti, le autorità mozambicane devono anche cercare di trattenerli per coinvolgerli nella formazione, “troppo dipendente – spiega p. Alberto Ferreira, rettore dell’Università Cattolica di Beira – da personale straniero”. Ma le stesse difficoltà di reclutamento si incontrano nelle aree rurali: il governo tenta di porvi rimedio sia con obblighi di servizio che con incentivi. “Chi comincia a studiare da medico – sostiene però p. Ferreira – deve sapere da subito che non sarà al servizio solo delle popolazioni cittadine: la medicina è una vocazione, gli incentivi solo uno stimolo ulteriore e un invito a non sentirsi abbandonati”.

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